LA LETTERA/ESINO E PERLEDO
E QUELL’IMPRESSIONE
DI “LASCIATO ANDARE”

Egregio Direttore,

venendo dal vicino passo di Cainallo, ho avuto l’occasione di percorrere la Val d’Esino per raggiungere una località di Perledo dove, pare, si curino di alleviare le sofferenze del fine vita. La giornata era un po’autunnale, tipica di questo periodo ma non certo fredda. La pioggerellina penetrava nei panni e scoraggiava dal lasciare per troppo tempo il tiepido abitacolo, anche chi è avvezzo alle bizze del tempo. Il clima generale ha certamente contribuito a stendere su quel territorio un velo di tristezza e di abbandono. Ma c’è dell’altro.

Passando in auto da Esino Lario, decaduta capitale del turismo locale, ho infatti avuto una netta impressione di abbandono e “di lasciato andare”. Arredo urbano, cura del verde e pulizia non brillano certo per efficienza in un paese in cui la vocazione turistica oggi è rappresenta solo una lunga serie di case sfitte e ville chiuse, in disuso, ma non solo perché siamo a fine stagione. Confesso che ne serbavo un ricordo assai più gratificante.

Arrivato a Perledo, poco dopo la deviazione per la mia meta a Regoledo, ad accogliere lo sguardo dell’occasionale visitatore, c’è solo qualche vecchia discarica mal recuperata. Dalla strada ben si vedono cancelli sgangherati che ne impediscono l’accesso e sconsigliano l’occhio dal procedere oltre. Sempre nei pressi il vecchio e orribile deposito di rifiuti che alla base delle rocce esponeva “in bella vista” brutture di ogni tipo, oggi non c’è più: è mascherato da rovi imperanti e vegetazione incolta e incombente sulla strada.  Ad onor del vero non si può dire che il rimedio sia peggio del male ma nella patria dell’assessore provinciale all’ambiente, dal punto di vista ecologico, ci si attendeva assai di più.

Onorata la visita parenti, prima di scendere al piano, non ci si è fatti mancare una puntatina a Vezio per almeno tentare di buttare l’occhio su un paesaggio meno triste e impattante. La nebbia non ha collaborato molto e non molto abbiamo visto: in compenso, nei pressi di un noto locale, abbiamo rischiato di scassare le sospensioni dell’automobile. La stradina che si deve percorrere per raggiungere la rocca, in quanto a manutenzione ordinaria e straordinaria, versa davvero in condizioni pietose e i più fortunati possono danneggiare anche il resto della carrozzeria. Anche qui, in fatto di disordine ambientale e a “discariche a cielo aperto”, non c’è davvero nulla da invidiare ad altre brutte realtà. Una di queste brutture, infatti, è pure adibita a parcheggio. Che coraggio.

Poco più avanti ho incrociato alcuni turisti stranieri che incuranti della caligine passeggiavano verso il sentiero del viandante, fotografando le italiche bellezze. Speriamo non abbiano immortalato anche quello che ho visto io. Della serie: turismo e ambiente, anno zero!!

Lettera firmata