LECCO – Nicolò, in arte Noccioman, è un rapper di Ballabio, classe 1992. Si appassiona alla musica in giovane età, in particolare al genere hip hop. Qualche mese fa esce, in collaborazione con gli studi di registrazione Reprieve Studios e HDstudio, il suo ultimo disco, intitolato La Parte Opposta e composto da 10 brani originali. Noccioman ha vinto la prima serata del contest musicale per artisti emergenti Giugarock e parteciperà alla finale che si terrà il 15 giugno 2019 in piazza Garibaldi a Lecco.
Come ti sei avvicinato al mondo del rap e hip hop?
“Sono sempre stato appassionato di musica in generale. Mi sono interessato all’hip hop ai tempi della Concrete Jungle: da ragazzino mi divertivo nel freestyle, così mi hanno chiesto di scrivere qualche brano. Ho iniziato il mio percorso musicale nel 2011 prima con i ragazzi della Concrete Jungle e poi ho continuato per la mia strada. Ho cominciato a scrivere musica sulle basi strumentali prodotte da un amico che ora vive in Spagna. Insieme abbiamo registrato tantissime tracce non organizzate all’interno di un progetto. Il disco appena uscito invece è frutto di un lavoro più completo. Nel primo periodo suonavo solamente a Lecco, in seguito mi sono allargato in Brianza, Valtellina, Milano e Como. A Lecco mi sono esibito principalmente al Libero Pensiero, al Circolo Arci Red e a feste estive come Rock in Riva e Sonica”.
I tuoi testi di cosa parlano?
“Non mi sono mai imposto un tema prima di scrivere una canzone. Io scrivo i testi interpretando i suoni che trovo nella base strumentale. Mi lascio guidare liberamente dall’ispirazione e dalle sensazioni che la musica mi suscita. Scrivo principalmente in maniera introspettiva: parlo molto di me, collegando le cose che mi succedono al contesto sociale e politico in cui viviamo oggi. Non scrivo mai testi fine a se stessi, ma cerco di trasmettere qualcosa a più persone possibile. Che quello che scrivo sia condivisibile o meno, a me interessa dare uno spunto di riflessione a chi mi ascolta. In effetti, mi piace fare riferimenti alla quotidianità che vivo dando un’impronta sociale ai miei testi. Sono legato molto all’hip hop più classico, non solo come sonorità, ma anche all’incarnazione di questo genere musicale nella vita quotidiana. A differenza degli altri generi, l’hip hop è sempre stato un movimento di denuncia, nato dal basso per dare voce a chi voce non ne aveva, e io mi sento legato moltissimo a questa concezione. Il mio scopo è fare musica per far sentire parte integrante di un’ipotetica società anche chi in realtà non si sente parte di niente. Voglio cercare di coinvolgere le persone che si sentono sole e lontane da tutto: gli ultimi“.
Credi di riuscire a farlo?
“Ho sempre avuto un riscontro positivo dalle persone. Oggi mi ritengo soddisfatto di quello che faccio. Una volta ho avuto occasione di collaborare con un’importante agenzia di Milano, ma sono scappato: non facevano che chiedermi informazioni sui social, sui miei followers, sui miei post. Insomma, niente aveva a che fare con la musica. Io voglio restare genuino e fare quello che voglio io, non quello che mi dicono gli altri. Io non voglio che la mia musica diventi un prodotto. Questo ultimo disco che ho registrato, La Parte Opposta, è il primo che ho deciso di stampare fisicamente. Alcune copie le ho vendute, ma spesso mi è capitato di regalare dei cd ai ragazzi che vengono a sentirmi. A me interessa che le persone mi ascoltino. Per guadagnarmi da vivere mi alzo la mattina e vado a lavorare, tutto il resto è un fantastico di più. Tutto ciò mi piace perché io vivo nel quotidiano quello che anche le altre persone vivono, così ho la possibilità di raccontare quello che loro vedono e vivono, quel qualcosa che, in un modo o nell’altro, lega tutti noi”.
Di lecco scrivi mai?
“Direttamente no, indirettamente sicuramente sì. Parlando di me, naturalmente mi riferisco anche al territorio lecchese in cui sono cresciuto e tuttora vivo. Sono molto legato a questa città. Come in ogni città di provincia i giovani si lamentano, ma la noia protagonista di questi luoghi può stimolarci nella creazione di qualsiasi forma d’arte. La carenza di opportunità ci permette di esprimere ciò che abbiamo da dire”.
Il testo per te è fondamentale. Che consiglio daresti a un giovane che sogna di fare il rapper?
“Sii te stesso, sii sincero. Io voglio la verità. Se ascolto un artista mi aspetto che le sue parole rispecchino quello che realmente lui vive e pensa. Io credo che se hai qualcosa da dire, e vuoi dirlo, il modo lo trovi. Io sono una persona abbastanza riservata, quando scrivo invece mi libero di tutto, non ho paletti e non mi impongo limiti. È una cosa che mi fa stare bene, il mio piccolo rifugio. A me piace fare una grande ricerca sulle parole, a livello comunicativo il rap è un genere diretto. Puoi dire quello che vuoi usando i termini che vuoi. Ovviamente però bisogna avere qualcosa da dire”.
Il rap come denuncia sociale. Questa descrizione rispecchia il rap di oggi?
“Io credo di no. Negli ultimi anni questa concezione è cambiata: questo genere ha esteso molto i suoi ascolti, diventando un genere di massa trasmesso in radio e arrivato fino a Sanremo. Io sono cresciuto con il rap italiano (Fabri Fibra, Club Dogo, Sangue Misto) e soprattutto con musica impegnata (Assalti Frontali e Modena City Ramblers). A quei tempi, i testi scritti da questi artisti facevano un gran rumore. Sono loro che mi hanno stimolato e ispirato nel mio modo di scrivere e nella scelta di ciò che voglio comunicare. Io mi ritrovo quindi nel rap di qualche anno fa, un rap sociale che conferisce grandissima importanza ai testi e alle parole, prima di puntare al successo del brano. Secondo me è fondamentale trattare tematiche sensibili, ma ancora più importante è farlo nel modo giusto. Il fatto che questo mondo ora sia diventato così di successo tra i giovanissimi dovrebbe comportare maggiore responsabilità nella stesura dei testi”.
Giugarock e l’uscita del tuo nuovo album, l’anno è cominciato benissimo!
“Sono molto contento. Ho vinto la prima serata del contest Giugarock e sono rimasto molto soddisfatto. Ciò che mi ha colpito è stato ritrovarmi davanti persone che lavorano nel mondo della musica e riuscire ad essere apprezzato anche da chi non è un amante del mio genere. Questa per me è una grandissima vittoria. La seconda vittoria è di certo l’uscita del disco. Si tratta di dieci brani con sonorità molto varie e influenze differenti, senza ovviamente abbandonare il mio stile nella scrittura”.
Alice Andrini