WALL STREET, LA “PIZZERIA
DELLA LEGALITÀ” SCIVOLA…
SULLA LEGALITA’ DI UNA FIRMA?

QLL wall street bando firmaLECCO – Un nuovo, pesante, dettaglio si aggiunge alla lista dei pasticci che caratterizzano la ultra-ventennale vicenda della “Wall Street”, il locale confiscato al clan ‘ndranghetista dei Coco-Trovato nel lontano 1994, che avrebbe dovuto essere ridestinato ad attività a favore della cittadinanza.

Dopo una serie di vicende confuse che si sono succedute nei decenni, il 20 maggio dello scorso anno il Comune di Lecco aveva approvato il progetto presentato dall’associazione Libera che prevedeva in Via Belfiore una “Pizzeria della legalità” all’interno della quale, oltre al servizio di ristorazione, sarebbe stato creato uno spazio da destinare alle attività culturali e associative della città.

Seconda la ricostruzione presentata giovedì sera al Libero Pensiero da “Qui Lecco Libera”, già il fatto che l’intero progetto fosse stato presentato da un unico soggetto – Libera appunto – in un documento di sole sette pagine, qualche perplessità avrebbe dovuto suscitarla. Ma fino a qui la faccenda si inseriva ancora nei limiti della liceità.

QLL wall street bando firma 2Il vero “enorme problema”, che rischia di mandare a monte l’intero progetto, è nato a gennaio con la pubblicazione del bando: alla sua scadenza – il 20 marzo appena passato – solo una candidatura era stata presentata, candidatura sottoscritta tra diversi soggetti: Olinda di Milano (la ex Paolo Pini), l’Arci provinciale di Lecco e l’associazione Altra Via di Calolziocorte.

Proprio da quest’ultima sono nati i problemi: il presidente di Altra Via infatti avrebbe coinvolto la propria associazione, ponendo la firma nei documenti del bando senza il consenso del consiglio direttivo o dell’assemblea, violando lo statuto associativo.

Dopo la segnalazione da parte di QLL al Comune e agli altri soggetti coinvolti, il presidente dell’associazione calolziese è corso ai ripari, convocando un’assemblea che avrebbe legittimato e ratificato l’adesione al bando di Altra Via, procedura di ripiego prevista dalla legge. L’assemblea però non è stata di questo avviso e ha votato contro la proposta di partecipazione al progetto della “Pizzeria della legalità”, privando così di alcun valore legale l’autografo del proprio presidente – ora dimissionario.

Anche su quest’ultimo scacco “Qui Lecco Libera” ha fatto rapporto all’amministrazione comunale lecchese, chiedendo di sospendere ogni azione e inviare tutta la documentazione all’Anac (Anticorruzione), con il rischio concreto che oggi dopo più di vent’anni si debba ripartire da zero e la tangibile possibilità che, come da regolamento sui beni confiscati alla mafia, la sorte dell’edificio venga decisa da un commissario esterno.

M. V. – C. C.

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Gentile redazione,

duole dirlo ma sul destino della “nuova” Wall Street siamo stati preveggenti. Nel capitolo finale del dossier storico sul bene confiscato di via Belfiore che presentammo alla fine di febbraio di quest’anno scrivevamo infatti: “Tira una brutta aria sul bando del Comune di Lecco. Poche e confuse idee rischiano di produrre pochi e confusi risultati. E non sarà un tardivo, scorretto e improvvisato coinvolgimento di cooperative o associazioni a bando preconfezionato e pubblicato a risolvere l’impiccio“.

Come avevamo amaramente previsto, il bando indetto a gennaio dal Comune di Lecco non avrebbe visto presentarsi offerte valide. S’è fatto di tutto per evitare di perdere la faccia ma l’improvvisazione, come si sa, è consigliera perfida. L’unica offerta presentata entro il termine del 20 marzo scorso da tre associazioni (la milanese Olinda, l’Arci Lecco e L’Altra Via di Calolziocorte), infatti, potrebbe non avere i requisiti richiesti, risultando così inammissibile. A pesare, il fatto che una delle tre firme è stata apposta in calce all’offerta senza il mandato e la legittimità statutariamente previsti. Il motivo della nostra preoccupazione l’abbiamo esplicitato nelle segnalazioni (allegate qui e qui) che abbiamo protocollato in Comune il 2 e 16 aprile. In maniera trasparente.

L’ultimo beffardo epilogo della ventennale vicenda dell’ex pizzeria del clan Trovato travolge così gli artefici della propagandata “pizzeria della legalità”, una soluzione che ha trovato più spazio sulla bocca dei politici (e i loro malcapitati biografi) piuttosto che nelle carte di un progetto credibile e realizzabile. Ne è la prova inconfutabile il fatto che al momento della sua traduzione pratica -e cioè attraverso un bando che non abbiamo esitato a criticare in maniera documentata- nessuno, e oggi possiamo dirlo con certezza, ci ha creduto. Nessuno.

Addio dunque alle promesse della “prima pizza sfornata con l’inizio di Expo”, magari in piena campagna elettorale. A qualcuno, probabilmente, toccherà ritirare le già pronte cartoline elettorali ritraenti l’insegna di “Wall Street” (a proposito di strumentalizzazioni). Ne gioverà l’ambiente.

Il pasticcio non è in carico soltanto a chi materialmente ha presentato un’offerta rivelatasi poi sghemba, magari all’ultimo minuto. La vera responsabilità del fallimento di tutta l’ipotesi “pizzeria della legalità”, fin dal suo concepimento, è sulle spalle di chi, limitandoci benevolmente all’anno scorso, non è stato capace di coinvolgere minimamente la città nell’elaborazione di un’idea. Qualcosa cioè che andasse oltre alle sette pagine vuote della “mera ipotesi progettuale” nata nelle porte chiuse di Libera, che ha smosso, come visto, il nulla. Il problema sta nelle fondamenta, non nel tetto.

Eppure il tempo a loro disposizione è stato notevole: il 20 maggio 2014 il consiglio comunale approvava il “progetto” di Libera. Il 26 giugno successivo veniva sottoscritto il protocollo d’intesa per la destinazione. Nel gennaio 2015 veniva pubblicato poi il bando. Quanti momenti pubblici di confronto e coinvolgimento autentico sono stati organizzati? La risposta è simile all’esito del bando: zero assoluto. Non ci hanno creduto nemmeno loro, figurarsi chi avrebbe dovuto rischiare in proprio.

A questo punto non resta che augurarsi che tutta la partita “Wall Street”, come avevamo già richiesto in tempi non sospetti, venga congelata e che i protagonisti del disastro -l’attuale Amministrazione comunale e i suoi partner in primis- si astengano dal prendere nuove iniziative. L’auspicio è che chi verrà dopo, indipendentemente dal risultato elettorale, possa finalmente accettare di discuterne con modestia con quelle realtà del territorio che hanno tristemente intravisto i problemi e suggerito percorsi di buon senso.

Il bando senza offerte valide su “Wall Street” sarebbe il monumento a tre anni e mezzo di comunicati stampa e chiacchiere. E comunque, ora basta, non ci crede più nessuno.

Qui Lecco Libera

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wall street QLL firma bando 1

wall street QLL firma bando 2