Gentile redazione, il 31 agosto di venticinque anni fa veniva arrestato a Lecco, nel suo ristorante “Wall Street“, Franco Coco Trovato, “capo indiscusso” di un gruppo criminale mafioso egemone tra Milano e Lecco guidato dal triumvirato “Flachi-Trovato-Schettini”. Il battesimo di quell’associazione avvenne a Caponago, a due passi da qui, nel 1987.
Trovato, come scolpito nella sentenza del processo “Wall Street” divenuta definitiva nel febbraio 2002, vantava “collegamenti con le organizzazioni criminali ‘ndranghetiste di riferimento, appartenenti all’area destefaniana” e legami con “le altre organizzazioni criminali operanti in Lombardia (gruppi Paviglianiti, Papalja, Crisafulli, Sergi, i catanesi dell’autoparco)”. Prese parte a “tutte le decisioni dell’organizzazione” criminale e divise gli “utili della società” che aveva fondato con i suoi due alleati, Pepè Flachi e Antonio Schettini. Si parla di trent’anni fa.
Settori d’interesse: acquisizione degli esercizi commerciali – solo in “Wall Street”, in via Belfiore, Trovato investì 4 miliardi di lire -, controllo di società operanti nello smaltimento di rifiuti, gestione del prestito ad usura, traffico di stupefacenti e così via.
Un potere enorme che veniva esercitato con discrezione. “A Lecco – scrissero i magistrati – non fu commesso dall’associazione alcun omicidio […] il traffico di stupefacenti era tenuto a livelli non elevati”. Un collaboratore ebbe a dire che Franco aveva creato “un po’ il suo paradiso”. Se lo annoti chi confonde questa “tranquillità” con la sconfitta delle organizzazioni mafiose.
L’attenzione a non far rumore andava a braccetto con la ricerca di alleanze con pezzi importanti della società lecchese. Accordi puntualmente raggiunti. “Nel perseguire l’obiettivo di legittimazione sociale e di inquinamento dei meccanismi di funzionamento economico e commerciale – riconobbero i giudici -, il gruppo di Coco-Trovato si servì di alcuni ‘alleati’, più o meno inconsapevoli. Oltre ai rapporti con organismi istituzionali e con rappresentanti delle forze dell’ordine […] non può sottovalutarsi il rapporto […] di generica connivenza di una parte delle forze economiche lecchesi con l’organizzazione capeggiata da Coco-Trovato”.
Quella sentenza è un monito e quell’arresto una data da ricordare. Trovato, che quest’anno ha compiuto 70 anni, è ancora in carcere. Ma gli anticorpi della città – come dimostrano inchieste e fatti recentissimi, nomi che ritornano, informative antimafia, amministratori locali troppo superficiali nella gestione delle relazioni – hanno bisogno di essere alimentati quotidianamente.
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