TENTATA ESTORSIONE, DRAMMATICA TESTIMONIANZA
IN TRIBUNALE A LECCO

LECCO – Ha testimoniato questa mattina nell’aula del Tribunale di Lecco la parte civile in causa nel processo per tentata estorsione a carico di Rocco Albanese, Marco Ferrantino, Iosè Salvatore Signorello e Giuseppe Di Masi.

In una lunga deposizione durata oltre due ore l’uomo, un imprenditore che vive a Imbersago, ha riepilogato al collegio di giudici presieduto da Enrico Manzi, con Salvatore Catalano e Maria Chiara Arrighi a latere, la lunga serie di episodi che lo hanno portato a sporgere denuncia-querela ai Carabinieri.

I fatti risalgono agli anni 2005/2006 quando l’uomo decise di acquistare e ristrutturare un rustico, la casa dove ora vive, affidando la pratica ad un’impresa di fiducia, quella dello zio, che a sua volta aveva sub-appaltato lo svolgimento dei lavori alla ditta individuale Rocco Albanese, poi fallita nel 2010. I lavori procedono regolarmente fino al 2007 quando, secondo quanto riportato dal teste, si sarebbero interrotti, costringendolo a rivolgersi altrove per l’ultimazione delle opere già peraltro pagate all’azienda dello zio tramite Riba o assegni bancari.

Ma è nel 2013 che cominciano i problemi: “Il 10 di gennaio – spiega la vittima rispondendo alle domande del Pm Paolo Del Grosso e del suo avvocato Sonia Riva – ricevo una telefonata sul mio cellulare da un numero svizzero, durante la quale una persona con accento calabrese, che mi dice di essere un amico di Albanese, sostiene di avere in mano delle carte da mostrarmi e mi chiede un incontro. Io ho declinato ma la giornata seguente l’uomo ha richiamato e con toni decisamente più accesi mi ha detto che io dovevo dei soldi – 180mila euro – ad Albanese, al quale servivano per un amico della Calabria. Davanti alle resistenze il mio interlocutore ha cominciato a dire di essere stato a casa mia, di aver visto le mie telecamere di sorveglianza, di conoscere la strada che percorro per andare in azienda. ‘In questo momento sono gentile se mi vuole incontrare, ma se non mi vuole incontrare io la incontro lo stesso e non sarò così gentile’ ha aggiunto”. Dopo solo qualche giorno il misterioso telefonista torna alla carica, ma la reazione dell’imprenditore resta ferma, tanto da spingere il calabrese a gridare: “Se non vuoi incontrarmi vengo e ti prendo a casa”.

Ad aprile di quello stesso anno è Albanese che lo avvicina mentre il teste si trova nel giardino della propria abitazione, che all’epoca dei fatti era vicina a quella dell’imputato, e gli chiede di bere un caffè. “No” risponde ancora l’uomo, il quale riceve così pochi giorni dopo un’altra telefonata, questa volta da Albanese che ribadisce “dobbiamo vederci per quella questione” e alle richieste di spiegazioni gli viene risposto “fossi un altro ti avrei già fatto ammazzare”.

E così ricominciano le pressioni: “A giugno una sera mi hanno suonato il citofono due individui che mi hanno detto ‘Cornuto paga i debiti sennò io te la taglio la testa’ e poi ancora il mese dopo una sera verso la mezzanotte qualcuno è tornato a suonare alla mia porta, ma quando sono andato a rispondere non c’era più nessuno. Solo un’ora dopo ricevo una telefonata da persone che in calabrese mi dicono di pagare, altrimenti mi avrebbero rotto le corna. Spaventato a quel punto ho chiamato i Carabinieri che davanti al mio cancello hanno rinvenuto una tanica di benzina da 15 litri, sulla quale erano appiccicati con del nastro adesivo due proiettili e una lettera, all’interno della lettera c’erano altri tre proiettili e un manoscritto che riportava ‘animale paga i debiti perché noi ti stacchiamo la testa e la prendiamo a calci’. E meno di due mesi dopo è proprio mio zio, con il quale avevo interrotto i rapporti per via della gestione della ristrutturazione di casa di cui non ero per niente soddisfatto, a mettermi in guardia. Qualche giorno prima aveva incontrato Albanese con altri quattro uomini che lui ha definito ‘delinquenti’ i quali gli avrebbero detto che se mi fosse capitato qualcosa lui avrebbe potuto rimanere coinvolto, avere dei problemi insomma”.

Visto l’aggravarsi della situazione la stessa vittima della presunta tentata estorsione si è prestata, d’accordo con il nucleo operativo dei Carabinieri, ad assecondare l’ennesima richiesta di incontro avanzata da Albanese “per parlare dei soldi che ci devi” e, microfonato, l’uomo si è presentato all’appuntamento, dove si è rifiutato di dover dare dei soldi all’imputato, ribadendo anzi di essere in credito.

A relazionare sulle attività di indagine sarà l’operatore dell’Arma, che verrà ascoltato assieme agli altri testi della procura nel gennaio del prossimo anno.

Manuela Valsecchi