TEATRO, L’OMBRETTA CALCO
DI MILVIA MARIGLIANO.
UN MONOLOGO ‘DIALOGANTE’

ombrettacalcoLECCO – La penna del drammaturgo Sergio Pierattini riesce a trasfigurare lampi della quotidianità in momenti di poesia. Succede in Ombretta Calco, il commovente monologo di mercoledì 11 aprile al cineteatro Palladium. Protagonista è l’Ombretta del titolo, una signora di mezza età della borghesia milanese, alle prese con le difficoltà della vita: il lavoro in ufficio, una madre anziana da curare, un fratello un po’ egoista e poco affidabile, alle spalle amori difficili. Insomma, una vita quasi banale e simile alle tante esistenze anonime delle nostre città. Eppure Ombretta è speciale proprio perché così vicina al palpito del nostro vissuto.

Quando Pierattini, ispirato a una vicenda reale, scriveva questo dramma, aveva già in mente l’interprete adatta, Milvia Marigliano, che di questo personaggio si è innamorata e per questo piccolo grande ruolo è stata elogiata da pubblico e critica (finalista al Premio Maschere del Teatro Italiano 2016). Il progetto registico di Peppino Mazzotta si affida alla presenza scenica della Marigliano e alla sua capacità, che è quella dei grandi attori, di “disegnare” i chiaroscuri dei sentimenti con la pura voce. La corporeità è trattenuta e vincolata dalla bella scenografia ideata da Roberto Crea: Ombretta resta per tutto il tempo sospesa su una struttura, appollaiata su una panchina; accanto a lei, un albero, con le radici che si librano nel vuoto. Un artificio poetico che allude alla situazione di una donna che lotta per tenersi a galla nel vuoto dell’esistenza.

ombrettacalco2La protagonista si racconta in un monologo che non è solo flusso di coscienza, ma ricerca inesausta di dialogo. All’inizio ascoltiamo la telefonata concitata con il fratello, nell’emergenza del ricovero della madre. Sentiamo solamente la sua voce, gli scatti bruschi, le domande convulse, le supposizioni e il senso di colpa che comincia a farsi strada. In ospedale, il colloquio con il fratello, debole e inetto, e poi con il neurologo: tutte presenze silenti attorno a lei. Ma non c’è nulla di lineare, perché il pensiero non procede lungo binari prestabiliti, e infatti il presente si scioglie nei ricordi del passato e prova a dischiudere le porte del futuro. Forse quello che pareva il presente (la madre ricoverata in ospedale) non è l’hic et nunc, forse è già un ricordo. I trapassi temporali sono un altro pregio di questa delicata favola metropolitana.

ombrettacalco4La panchina è inoltre un luogo topico: ci si siede per riposare, fare chiarezza nei pensieri, frugare nei ricordi, e dopo una breve attesa ci si rialza per andare incontro a un’altra possibilità. Proprio qui Ombretta è stata abbandonata dal primo marito e proprio qui si ferma un giorno, dopo tanti anni, per parlare con se stessa. Deve prendere coraggio prima di lanciarsi verso una vita nuova, forse finalmente con l’uomo giusto. Questa sosta di egoistico vagheggiamento del proprio futuro le costerà un ritardo imperdonabile, perché intanto la madre si sente male e viene ricoverata. In un torrido pomeriggio d’estate, con un andamento ciclico che unisce ieri e oggi, Ombretta si ferma di nuovo qui (o forse non si è mai mossa?): il ricordo dell’amatissimo padre di origine napoletana, l’età che avanza, le difficoltà e le ingiustizie della vita, che continua nonostante tutto a essere bella, pur con tutte le sue illusioni. Il cerchio si sta chiudendo anche per Ombretta, che ci commuove nel finale, mentre si spegne e dice con disperazione di essere felice.

Un personaggio adorabile per la sua umanità, resa speciale dall’interpretazione magistrale della Marigliano, attenta alle vibrazioni e alle sfumature: Ombretta è brusca e ironica, coriacea e al tempo stesso fragile, dura e delicata. Con le sue battute feroci sul fratello e sul mondo riesce a farci ridere, ma anche a farci piangere, quando mostra la grazia poetica del suo universo interiore. Su quella panchina, mentre il mondo continua a correre frenetico.

Gilda Tentorio

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