LECCO – Una bella occasione è stata offerta mercoledì sera in sala Ticozzi da Qui Lecco Libera per approfondire, ma forse soprattutto per fare chiarezza su alcuni temi e alcuni termini legati al fenomeno che più di tutti sta sconvolgendo lo scenario globale, europeo ma anche territoriale: la migrazione di importanti flussi di persone che scappano dal proprio paese per raggiungere luoghi più sicuri.
Ad intervenire Paolo Oddi, avvocato e socio dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (ASGI), che ha cercato di illustrare alla platea di persone che sono intervenute il quadro attuale da un punto di vista normativo del “diritto degli stranieri”, suggerendo di affrontare la questione con un approccio non emotivo ma, come egli stesso lo ha definito “raffreddato”.
“Le normative in materia ci sono da moltissimi anni – spiega Oddi – la discussione oggi ha molta risonanza per via della circostanza che un flusso massiccio di persone scappa da zone di crisi che in alcuni casi sono molto vicine ai confini comunitari. Detto questo, la legiferazione in materia di diritto degli stranieri ha subito una evoluzione ininterrotta negli ultimi vent’anni, accompagnandosi ad un processo di ‘comunitarizzazione’. Infatti – prosegue l’avvocato – se è vero che esistono trattati internazionali siglati in sede ONU, come la Convenzione di Ginevra che definisce lo status del rifugiato politico (consistente in una serie di diritti inviolabili e doveri riconosciuti in tutti gli stati del mondo alla persona straniera o apolide che ha il timore fondato di persecuzione individuale nel proprio paese), è in realtà l’Unione Europea ad aver acquisito negli anni sempre più competenze dirette in materia di immigrazione e asilo”. Sono ad esempio le leggi comunitarie a regolamentare l’immigrazione per motivi economici, il diritto di ricongiungimento familiare e anche le direttive per i rimpatri. Sotto quest’ultimo profilo le normative europee del 2008 sono state varate per uniformare le leggi dei 28 paesi membri i quali, non aderendo tutti al trattato di Schengen, prevedevano situazioni molto differenti. Ad oggi con la “direttiva rimpatri” in Europa è consentito il trattenimento in luoghi chiusi dei richiedenti asilo, purché esso non superi i 6 mesi nei casi ordinari e i 18 in quelli eccezionali, solo ai fini della verifica di sussistenza dei requisiti per la concessione del permesso di soggiorno. Permesso che va comunque accordato anche se non ne sussistono le premesse ma non ci sono ragionevoli prospettive di rimpatrio, e anche in caso di rimpatrio – secondo questa direttiva – deve essere sempre preferito e incentivato il rimpatrio volontario al posto di quello coatto.
“Un’altra norma di cui si sta molto discutendo e di cui se ne è chiesta la revisione in occasione della marcia degli uomini e delle donne di scalze dello scorso venerdì – prosegue Oddi – è la convenzione di Dublino, anch’essa promulgata a livello comunitario e sottoscritta dagli stati membri, la quale stabilisce che competente ad esaminare la domanda di asilo e a farsi carico del richiedente è il primo paese in cui il richiedente mette piede. Questa direttiva introduce la possibilità che venga concesso asilo anche a chi non è perseguitato individualmente ma viene da un paese retto da un regime totalitario o sconvolto da un conflitto, a chi è perseguitato da bande o milizie e non è difeso dal proprio stato. Si tratta di legislazioni molto evolute e ambiziose, che sono figlie della migliore tradizione giurista europea, ma che poi si trovano a fare i conti con la realtà”. Con la realtà delle leggi nazionali in primo luogo: secondo l’ospite di QLL “l’Italia ha una delle peggiori legislazioni in materia di migranti, che è stata dettata da una linea politica basata sul ‘cattivismo’. La Bossi-Fini del 2002 è una pessima legge, accompagnata una pessima propaganda, che ha introdotto molti migranti, che con il crimine non centravano affatto, nel circuito della carcerazione e per questo è stata condannata e dichiarata incostituzionale da diversi tribunali”. Paolo Oddi riassume così il senso del suo intervento: “la complessità della materia è notevole ed è necessario esserne pienamente consapevoli prima di parlarne e promettere azioni che la legge stessa non consentirebbe al di là degli slogan elettorali”.
Proprio questa complessità si riscontra poi nell’applicazione delle regole alle situazioni concrete, e le difficoltà che anche nel nostro territorio stanno emergendo nel gestire l’accoglienza di un numero tutto sommato esiguo di profughi lo dimostrano chiaramente.
Molte delle associazioni che nella provincia stanno contribuendo alla gestione di questa emergenza sono state chiamate ad intervenire durante questa serata, tra esse a raccogliere l’invito la cooperativa “I girasoli” che gestisce il centro di accoglienza dei Resinelli. Ad intervenire lo psicologo che riassume brevemente lo stato dell’arte: “i profughi che ospitiamo sono 37, provenienti in maggioranza dalla Nigeria, l’andamento è molto buono, i ragazzi sono tutti tranquilli e ci sono diverse associazioni che ci danno una mano. La gestione è resa molto difficile per via della lontananza dai servizi, ma la scuola di italianizzazione è partita, dal punto di vista dei documenti e della sanità è tutto a posto, mancano ancora i progetti relativi all’ambito ludico”.
Ma c’è chi non concorda. Secondo la residente Elisa Ghezzi “Non c’è nessun corso di italiano se non quello organizzato dai volontari, – affermano – mancano ancora dei permessi di soggiorno che sono pronti in questura e nessuno va a prendere; i ragazzi che si ammalano vengono visti dal medico dopo una settimana e dopo un’altra settimana non hanno ancora le medicine. I primi 15 giorni sono stati senza acqua calda e da qualche giorno ne sono di nuovo rimasti sprovvisti. Per poter cucinare hanno una sola piastra elettrica e per mangiare hanno organizzato tre turni per ogni pasto perché manca lo spazio: loro sono 37 e l’alloggio ne prevedeva 21. Questi ragazzi – proseguono inarrestabili i volontari – non hanno lenzuola e coprimaterasso e la cooperativa ha fornito loro solo due paia di mutande, il resto è stato raccolto e portato da noi”.
Anche nel campo del Bione la situazione non è migliore. Al di là dell’evidente situazione di disagio che, come sottolinea Castelli di Mir Sada, comporta “vivere nelle tende, soprattutto adesso che piove e i ragazzi sono costretti a rimanerci tutto il giorno, non avendo un altro posto dove andare”, anche qui l’italianizzazione, la socializzazione e l’integrazione è gestita dai volontari. Un gruppo di 30/33 insegnanti lecchesi coordinati da Alice Bianchi si alternano tutti i giorni (tranne il giovedì), facendo una, due e a volte tre lezioni per insegnare italiano a questi ragazzi presso l’oratorio di Pescarenico. Chi volesse contribuire alle lezioni o donare materiale, può rivolgersi proprio qui dalle 10.00 alle 12.00 o dalle 14.00 alle 16.00.
A concludere la serate l’intervento di Riccardo Mariani – assessore alle politiche sociali – che sostiene l’evidente necessità di un “progetto di sistema di accoglienza diffusa” e comunica che al consiglio dei Comuni i delegati “sono arrivati ad un progetto che riesce a coinvolgere in maniera più omogena i tre distretti e prevede maggior coordinamento tra tutte le istituzioni”.
Manuela Valsecchi