Once upon a time, oltre ad essere il celebre incipit delle favole, il ‘C’era una volta…’ all’anglosassone, è anche il titolo di un telefilm che tratta di una mezcla di fiabe ai giorni nostri, in cui vedere Ceneretola, Biancaneve e la Principessa addormentata nel bosco tutte insieme a farsi la pedicure mentre guardano l’ultimo film di Bridget Jones, piangendo per Derek, dopo che questo è scomparso da Meredith in Grey’s Anatomy.
Comunque, nel telefilm il caos è regnante, ma come sarebbe stato se Cenerentola avesse avuto il gattino Matisse come animale domestico e non fosse stata circondata da topolini e uccellini parlanti?
Matisse – fratello di Minou e Bizet, figlio della gatta Duchessa che, ne ‘Gli Aristogatti’ si innamora del randagio Romeo – è il più grande dei tre fratelli, aspira a diventare un gatto vagabondo, dopo aver conosciuto il duro Romeo, è dispettoso con i fratelli e la sua specialità è dipingere quadri.
Cenerentola, stanca della sola confidenza con volatili e roditori, decide di acquistare un gattino dalla vicina Madame Adelaide, un’ex cantante lirica, molto affezionata alla sua gatta, la quale aveva avuto tre piccolini che cercavano casa. I tre erano completamente diversi tra loro e Cenerentola, una volta visti i micetti, decise di adottare il piccolo “pel di carota”. Tra panni sporchi, lavaggio pavimenti e cucinare per le sorellastre, la giovane ragazza riesce a trovare tempo per coccolare il piccolo felino che, in cambio delle gentilezze della padrona, le confeziona numerose opere d’arte che farebbero invidia solo a Picasso. Schizzi su tela e tanto disordine a parte, fanno parte della loro quotidianità e sarà grazie a Matisse che Cenerentola riuscirà a trovare il suo principe.
Al ballo, come tutti sanno, Cenerentola danza tutta la notte con il principe azzurro e scappa al rintocco della mezzanotte perdendo una scarpina di cristallo. Fu così che nei giorni successivi il principe diede ordine di cercare la proprietaria della calzatura, testando tutte le donne del villaggio fino a trovare quella a cui calzasse a pennello.
Giunto a casa di Cenerentola, dopo aver ripetutamente e inutilmente tentato con le sue sorellastre Anastasia e Genoveffa, il delegato del principe prova la scarpetta sulla giovane Cenerentola ma anche in quel caso la scarpetta non entra, fino a che Matisse non interviene e presta il proprio pennello alla padrona per facilitare la corretta calzatura della decolleté in cristallo. Grazie al pennello-calzascarpe Cenerentola riuscì a far calzare a pennello la scarpa mancante al piede destro e l’anello tanto desiderato sull’anulare sinistro.
E fu così che Matisse, Cenerentola e il principe vissero per sempre felici e contenti.
Un attimo. Sebbene Matisse abbia aiutato Cenerentola nel matrimonio, non fu nel prestarle il pennello a mo’ di calzascarpe, quanto piuttosto nel disegnarle la scarpetta perfetta che le portò poi così tanta fortuna.
Infatti calzare a pennello non significa utilizzare il pennello come calzascarpe, ma indossare qualcosa che veste perfettamente. È presumibile che l’espressione derivi dalla metafora utilizzata per intendere il vestire qualcosa che stia talmente bene “come fosse dipinta con un pennello”. Dunque Matisse funse da stylist o fashion guru che dir si voglia, creandole un disegno perfetto per il suo piedino e prendendo accordi con un calzolaio che riprodusse quelle calzature in modo che le calzassero a pennello, ma non utilizzò l’arnese per fare leva affinché i piedi entrassero nelle scarpe.
Martina Panzeri
>Leggi qui gli altri episodi di Storie della Lingua Italiana