VALMADRERA – Sabato questo, 6 maggio, il secondo corteo “gentile” per la chiusura del forno inceneritore. L’appuntamento è alle 15 al parco del Fatebenefratelli, da dove poi, alle 16, si sfilerà fino al parco di Caserta. Gli organizzatori forniranno simbolicamente ai partecipanti una maschera antismog e palloncini per tutti i bambini. Al termine del corteo verrà offerta ai presenti una merenda, eventualmente accompagnata da un momento di animazione per i più piccoli. I promotori fanno sapere che gli orari verranno rispettati rigorosamente e che l’evento si svolgerà in qualsiasi condizione atmosferica.
Queste le motivazioni della protesta:
PERCHÉ VOGLIAMO SPEGNERE IL FORNO INCENERITORE ENTRO IL 2024?
Perché il 2024 è l’anno di rientro dai precedenti investimenti e potremmo chiuderlo senza alcuna perdita.
Perché in 7 anni che ci separano dal 2024 c’è il tempo per portare avanti una seria raccolta differenziata.
Perché il nostro forno è un impianto situato nel centro abitato, confina con abitazioni e con uffici.
Perché non vogliamo bruciare il doppio di quello che produciamo, o i rifiuti di chi non vuole fare la raccolta differenziata.
Perché per smaltire una tonnellata di indifferenziato (sacco trasparente) paghiamo 20€ in più della media regionale.
Perché in Lombardia bruciamo il 37% dei rifiuti di tutta Italia.
Perché in Lombardia abbiamo una sovracapacità impiantistica di ca 700.000 tonnellate annue.
Perché l’Europa ci impone di spegnere i forni più vecchi e meno efficienti.
Perché sui 13 forni lombardi il nostro è tra i più vecchi; ed è il 7° più vecchio dei 42 impianti presenti in Italia.
Perché i forni emettono sostanze cancerogene; e dal 1981 ad oggi ne abbiamo già respirate abbastanza!
SIAMO STUFI, È COSÌ DIFFICILE DA CAPIRE?
Noi cittadini abbiamo paura per la nostra salute e quella dei nostri bambini. Bruciare i rifiuti non fa bene! In natura, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Anche il forno produce rifiuti, nella misura del 20% di quello che entra. Va da sé che dal camino escono circa 75.000 tonnellate annue di nanoparticelle, diossine, PM10, PM2,5 ecc. che si disperdono nell’aria che respiriamo e si depositano nei campi che ci forniscono frutta e ortaggi.
Il teleriscaldamento implica una spesa complessiva di 80 milioni di euro che ci obbligherà ad importare rifiuti per i prossimi decenni per rientrare dagli investimenti – e nel frattempo guarderemo gli altri impianti chiudere.