RIMEDI AL MALOCCHIO E AMULETI,
RISCHIA LA CONDANNA
LA “VANNA MARCHI LECCHESE”

tribunale lecco 11LECCO – E’ ancora vivo nella memoria di molti il “caso Vanna Marchi”, con tutto il battage mediatico che in quel 2001 svelò gli inganni della televenditrice. E sembra una replica in salsa lariana quella che si sta sviscerando in questi mesi nel Palazzo di Giustizia di Lecco.

Rischia infatti di venire condannata proprio come la sua illustre antesignana la Vanna Marchi lecchese, e con lei il marito, socio in affari. Nessuna traccia invece di un omologo in salsa manzoniana del Mago do Nascimento perché anche i due – pare – si affidassero a un soggetto dotato di qualità paranormali ma in questo caso non a un “maestro” in carne e ossa ma una entità superiore astratta. Di improbabili poteri contro il malocchio e altre cialtronerie del genere si è discusso ieri mattina davanti al giudice dell’udienza preliminare, Massimo Mercaldo, e al sostituto Cinzia Citterio, titolare dell’ennesima inchiesta nei confronti di due soggetti italiani, cinquantenni residenti in città, difesi dall’avvocato Graziana Gatti e accusati di aver truffato alcune persone facendo loro credere di avere poteri soprannaturali in grado di togliere il malocchio.

I fatti risalgono a un periodo compreso tra il 2012 e il 2013 quando alla questura di Lecco si erano rivolte un paio di persone che denunciavano di essere state raggirate dai due, così erano state avviate le indagini da parte degli uomini della Mobile. Da un dettagliato lavoro di intelligence gli agenti erano riusciti a ricostruire l’operato della coppia, che riceveva a casa i clienti convinti a rivolgersi a loro per risolvere problemi di vita. Promettevano una svolta negli affetti o nel lavoro, in cambio chiedevano ai malcapitati di lasciare alcuni effetti personali: una collanina, un braccialetto, piuttosto che un anello. A loro dicevano di lasciarsi per essere sottoposti ai riti di purificazione togliendo il malocchio e promettendone la ristituzione in cambio di un’offerta simbolica. Molti di quegli ori e di quelle catenine invece sono spariti chissà dove o forse si sa benissimo.

L’udienza di ieri intanto si è chiusa con un rinvio tecnico chiesto dall’avvocato Gatti per definire nel dettaglio a quale rito alternativo accedere. Il che lascia intendere come le prove di colpevolezza a carico dei due siano concrete e sufficientemente dettagliate. Le sei persone circuite costituitesi parte civile a processo intanto sperano in un minimo di risarcimento con la speranza che la vicenda serva loro da lezione per stare alla larga dagli imbonitori.