MILANO – “Volete voi che la Regione Lombardia, nel quadro dell’unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per chiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia…?” Sarà questo il quesito a cui potranno rispondere i cittadini lombardi, dando così simbolico mandato alla giunta per chiedere allo Stato nuove forme di autonomia.
Un puro mandato formale appunto, perché anche se approvato il referendum non avrà alcun valore giuridico e non garantirà alcun effetto pratico, ma permetterà al presidente Maroni di recarsi a Roma col sostegno numerico della maggioranza dei lombardi.
Il consiglio regionale ha dunque licenziato il referendum dopo una votazione a scrutinio palese, necessario per evitare i franchi tiratori ma ancor più utile per mostrare il ruolo chiave assunto dal Movimento 5 stelle, i cui voti si sono rivelati decisivi per raggiungere la soglia. In cambio la maggioranza avrebbe garantito ai pentastellati il sostegno al loro progetto di sperimentazione del voto elettronico.
30 milioni di euro sono stati messi a bilancio per seggi e scrutatori. Altri dovranno essere spesi per installare attrezzature e software necessarie al voto elettronico se, come previsto dai notisti politici, la prossima seduta al Pirellone approverà la proposta a cinque stelle.
“Il referendum è uno strumento potente sul piano istituzionale e politico, perché ha dietro il peso del popolo che si esprime. Questa è la forza o il valore del referendum: se io vado a Roma con il voto dei 10 milioni di cittadini lombardi non è il presidente della Regione che va a cercare qualche vantaggio, ma è tutta la Lombardia, con la L maiuscola”. Lo ha spiegato il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, nel corso del suo intervento nell’Aula del Consiglio regionale durante la discussione sulla proposta di legge per il referendum sull’autonomia.
Nettamente contrario il Partito democratico e i suoi alleati, che per voce di Umberto Ambrosoli denunciano “un abuso dello strumento referendario”. “Siamo profondamente contrari a buttare via 30 milioni di euro per una domanda ovvia. Nelle premesse alla legge si dice il quesito è già perfettamente condiviso nel tessuto sociale. Allora perché spendere quei soldi, per fare qualcosa che già oggi il Consiglio Regionale può fare?“
Ambrosoli accusa inoltre la maggioranza di cercare un alibi per dilatare i tempi alla principale promessa elettorale: “quel 75% delle tasse che avrebbero ottenuto per la Lombardia e per i cittadini lombardi”.
Ma il referendum per contare quanti lombardi siano desiderosi di maggiori autonomie a questo punto si farà, è certo. Come è certo che a bilancio a tal proposito sono stati impegnati 30 milioni di euro.
C. C.