LECCO – A processo per gli assalti alle Poste di Ballabio e di Lierna (7 e 22 marzo 2013) i cosiddetti “nonni rapinatori”, Vincenzo Bornino 82enne residente a Calolziocorte e Mario Loverini lecchese di 71 anni. In aula sono stati sentiti i primi testimoni della pubblica accusa dai quali sono emerse caratteristiche comuni nelle rapine e un “modus operandi” identico.
La banda dai capelli grigi aveva colpito anche a Gerosa, nella Bergamasca (per questo erano stati condannati in tre – all’epoca era vivente il terzo membro della gang, Giuseppe Rizzotto).
Simone Scafuri, all’epoca comandante del Nucleo Operativo dei Carabinieri di Lecco che tre giorni dopo quella rapina li arrestò mentre festeggiano al bar di Balisio, ha ricostruito le modalità del tutto analoghe dei due colpi all’ufficio postale di Ballabio prima e di Lierna poi: prima di agire, i tre avevano effettuato un “sopralluogo” fingendosi clienti, quindi la rapina – sempre con un un sacchetto di cellophane dove mettere i contanti. A deporre poi i responsabili degli uffici postali e alcuni dipendenti. Nicola Abate, allora a capo delle poste di via Mazzini a Ballabio, ha descritto la rapina: “Mi sono accorto che la pistola impugnata dalla persona con il passamontagna era finta”. Una dipendente poi ha confermato di avere preso nota della targa della Fiat Panda usata dalla banda dei vecchietti – versione ribadita anche dai dipendenti delle Poste di Lierna (si è rivista nell’occasione la “famosa” direttrice dell’ufficio sul Lario, Patrizia Greco, al centro della vicenda dei soldi scomparsi dai conti di alcuni clienti.
Aggiornato al prossimo 8 giugno il processo davanti al collegio giudicante presieduto da Enrico Manzi, con l’accusa affidata al Pm Cinzia Citterio.