LECCO – Primo Maggio di nuovo in presenza dopo due anni di limitazioni dovute alla pandemia. La giornata lecchese è iniziata con la commemorazione al monumento ai Caduti sul Lavoro in largo Caleotto organizzato dal Comune di Lecco, Anmil, Cgil, Cisl e Uil. A seguire la Festa del Lavoro in piazza Cermenati con il tradizionale concerto dei sindacati. Tanti i cittadini in piazza per l’appuntamento graziato dalla annunciata ma non pervenuta pioggia pomeridiana.
I discorsi delle autorità
Simona Piazza, vicesindaco di Lecco. Saluto per il 1° maggio 2022 alla commemorazione delle Vittime sul Lavoro.
Buon pomeriggio a tutti, Porto in questa importante ricorrenza i saluti dell’Amministrazione comunale e del Sindaco di Lecco Mauro Gattinoni. Un saluto a Gianfranco Longhi, Presidente dell’ANMIL Lecco, ai membri dell’Associazione Nazionale Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro, alle rappresentanze delle Segreterie sindacali territoriali di CGIL Lecco, CISL Monza Brianza, UIL Lario e ai cittadini presenti.
Ci troviamo quest’oggi davanti al Monumento ai Caduti sul Lavoro per celebrare il ricordo di quanti hanno perso la propria vita e per rinnovare il nostro impegno per la sicurezza sul lavoro.
La nostra Costituzione sancisce con l’articolo 1 la centralità del lavoro nella fondazione della nostra Repubblica; allo stesso tempo l’articolo 4 sancisce che è compito della Repubblica stessa promuovere le condizioni che rendano effettivo il diritto al lavoro per ciascun cittadino.
Come ha ricordato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo ultimo intervento in merito: “Affinché questo diritto sia effettivamente garantito, uno Stato democratico deve consentire a ognuno di svolgere la propria attività lavorativa, tutelandone la salute e assicurandone lo svolgimento nella più totale sicurezza. Le tragedie a cui stiamo assistendo senza tregua sono intollerabili e devono trovare una fine, rafforzando la cultura della legalità e della prevenzione. Le leggi ci sono e vanno applicate con inflessibilità.”
La nostra è una città dal grande tessuto produttivo inserita in un territorio a forte vocazione industriale: compito delle Istituzioni, delle organizzazioni sindacali e di categoria, dei rappresentanti dell’economia e dell’impresa è quello di promuovere continuamente una cultura della sicurezza sul lavoro e del rispetto delle norme. L’obiettivo è quello di ridurre al massimo i rischi, restituendo quella serenità di cui troppo spesso i lavoratori e i loro famigliari sono privi.
Oggi, davanti a questo monumento, il Comune di Lecco riafferma la propria responsabilità nel collaborare con enti, associazioni e tutti gli attori del tessuto economico, sociale e produttivo per la prevenzione. Perché “Il luogo di lavoro deve essere il posto da cui si torna. Sempre.”
Grazie.
Emanuele Manzoni, assessore al Welfare del Comune di Lecco, alla Festa del Lavoro.
Buon pomeriggio a tutti, Porto in questa importante ricorrenza i saluti dell’Amministrazione comunale e del Sindaco di Lecco Mauro Gattinoni. Un caloroso saluto dunque ai cittadini e alle cittadine presenti, alle delegate e ai delegati delle Organizzazioni sindacali, alle lavoratrici e ai lavoratori, agli studenti e alle studentesse. Un saluto particolare ai segretari sindacali e a Diego Riva in rappresentanza delle Segreterie sindacali territoriali di CGIL Lecco – CISL Monza Brianza – UIL Lario.
La Festa dei Lavoratori rappresenta un’occasione fondamentale che ci sprona a riflettere sullo stato di salute del nostro Paese. La nostra Repubblica è fondata sul lavoro: lo sancisce l’articolo 1 della nostra Carta Costituzionale fissando, fin da subito, la sua centralità quale componente essenziale della vita umana che plasma la nostra identità.
“Purtroppo il lavoro oggi rischia di essere ostaggio dell’ingiustizia sociale e, più che essere un mezzo di umanizzazione, diventa una periferia esistenziale”. Lo vediamo ogni giorno davanti ai casi d’infortunio o di morti bianche non più tollerabili, davanti alla frammentazione del corpo sociale e ai contratti intermittenti o precari che non permettono a tanti giovani di proiettarsi nel futuro, davanti alle denunce di sfruttamento e alla piaga del lavoro nero, davanti ai disoccupati in età adulta e alla crescente presenza dei “neet”, giovani che non trovano spazio per rivendicare un ruolo nelle nostre società.
Davanti a queste “periferie esistenziali”, come le ha definite Papa Francesco, siamo chiamati a fare sistema e a mettere in campo prima di tutto misure per chi il lavoro non ce l’ha o l’ha perso, per chi deve reinventarsi e, dunque, ha necessità di nuova formazione, per chi deve integrarsi in un sistema complesso e spesso eccessivamente performante. Dobbiamo avere l’attenzione di mantenere uno sguardo aperto, dove la dimensione della persona lavoratrice si coniuga con i diritti di cittadinanza, la sua sensibilità e il suo contesto di riferimento.
La pandemia e la crisi socioeconomica che ne è scaturita hanno inasprito le condizioni di diseguaglianza anche sul nostro territorio. Pur rimanendo una zona sopra la media italiana nelle classifiche relative all’occupazione, Lecco ha visto la crescita di condizioni di fragilità sociale e di povertà. Le solitudini che abitano le nostre città si sono trasformate in piani inclinati non solo verso la perdita di diritti fondamentali ma rispetto alla stessa consapevolezza di poterli rivendicare.
Ma fortunatamente le nostre comunità hanno reagito prontamente, accorciando le distanze e costruendo sinergie perché nessuno venisse abbandonato. È entrato in campo il welfare locale, un welfare territoriale che unisce gli enti pubblici, l’associazionismo, la cooperazione sociale e la comunità per dare risposte concrete alle necessità dei cittadini. Un pensiero e un ringraziamento sincero oggi non possono non andare ai lavoratori e alle lavoratrici del mondo del sociale e della cura, operatori e operatrici di giustizia sociale, che in questo periodo pandemico si sono assunti il carico dell’accompagnamento delle persone più vulnerabili delle nostre comunità, fedeli all’articolo 3 della nostra Costituzione che impegna a rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Non solo per questo, “è tempo di investire in termini quantitativi e qualitativi sulle professionalità, sulle competenze e sul riconoscimento degli operatori del mondo del sociale”.
Nella crisi è emerso il potenziale solidale delle nostre comunità e le preziose sinergie su cui investire. Sono esempio di buone pratiche i fondi “Aiutiamoci – Contrasto alle povertà” e “Aiutiamoci nel Lavoro” promossi dalla Fondazione Comunitaria del Lecchese e che hanno coinvolto comuni, organizzazioni sindacali, associazioni di categoria, mondo del terzo settore, libere professioni.
Ma l’impegno deve proseguire. Quali altre iniziative possiamo, allora, promuovere? Dobbiamo attivare strumenti per generare cambiamenti in grado di contrastare l’aumento delle povertà; creare sempre più percorsi per accompagnare gli anziani e i più fragili, investire sull’housing sociale per garantire il diritto all’abitare che non riguardi solo “tetto e mattoni” ma che significhi prossimità di servizi e legami di qualità; dobbiamo sostenere spazi sociali di incontro e aggregazione, realizzare l’integrazione tra le politiche sociali e quelle sanitarie. Tutte misure, queste, indicate anche nella piattaforma di contrattazione sociale delle organizzazioni sindacali.
La pandemia da covid-19 è stata un agente rilevatore di condizioni di micro e macro diseguaglianza che esistono nelle nostre società. Se questa tragedia ci ha insegnato qualcosa allora, oltre a rimettere al centro i diritti dei lavoratori e irrobustire le politiche di welfare, dobbiamo cogliere questo “cambiamento d’epoca” per disegnare le nostre comunità del domani con la consapevolezza che le trasformazioni che ci interesseranno non saranno necessariamente processi neutri. La transizione ecologica, per fare un esempio, prevede scelte di campo. Dobbiamo, non solo scongiurare una sbagliata e dannosa contrapposizione tra lavoro e ambiente, ma cogliere l’occasione per un cambiamento socioeconomico profondo che superi la cultura del consumo e dell’espansione dei mercati e la narrazione della competizione come unico elemento di progresso dei popoli.
È necessario investire su una visione di crescita sostenibile per il nostro territorio: industria 4.0, innovazione tecnologica, sfida green. Investire affinché il tessuto produttivo sia al passo con i tempi, affinché gli ambiti dei settori più tradizionali della nostra economia possano trovare uno sviluppo futuro. Le nuove tecnologie, in questo senso, non devono costituire l’occasione per sfruttamento e alienazione o per l’espulsione delle persone dal mondo del lavoro ma, al contrario per aumentare la qualità della vita, restituire valore alle comunità, diminuire l’impatto ambientale, sconfiggere la precarietà e immaginare un lavoro compatibile con la dimensione del tempo libero, della famiglia e con il diritto alla disconnessione. Questi sono i valori che devono guidarci verso un sistema di economia sociale e circolare. Perché, come ci ha insegnato Alex Langer, “la conversione ecologica potrà affermarsi solo quando apparirà socialmente desiderabile”. E perché sia socialmente desiderabile dovrà essere un processo capace di ridurre le diseguaglianze che oggi esistono nelle nostre società.
Il lavoro può e deve essere, infine, anche motore della pace: su di essa si fondano la democrazia, la giustizia, la dignità. In queste ore così buie per l’Europa e il mondo intero non può che risuonare in ciascuno di noi l’appello di questo 1° maggio, “Al lavoro per la pace”, quale imperativo morale. Ognuno di noi è chiamato a costruire la Pace a partire dai propri luoghi di vita, attraverso la promozione di una cultura della cura e della collaborazione.
È nei periodi di crisi e di forte trasformazione, infatti, che siamo chiamati allo sforzo maggiore: uno sforzo per una città che cresce in maniera sostenibile, intelligente e moderna ma che segue anche il ritmo degli ultimi, senza lasciare indietro nessuno e che costruisce le basi per la pacifica convivenza tra le persone e tra i popoli. Questa è la grande sfida che abbiamo davanti.
Buona Festa dei Lavoratori e buona costruzione di una cultura della cura e della pace a tutte e tutti noi. Grazie.