“PRESE LIBERE”, IN UN FILM
LE FALESIE LECCHESI

LECCO – Un film per scoprire, o riscoprire, la storia delle falesie lecchesi; un viaggio attraverso i luoghi di arrampicata più belli del nostro territorio assieme ai personaggi che hanno contribuito a farne la storia. Si tratta di “Prese libere”, il nuovo film di Nicoletta Favaron che ieri sera 19 maggio è stato presentato in Sala Ticozzi dal C.A.I. di Lecco e dalla Fondazione Cassin, nell’ambito della rassegna “Monti Sorgenti”.

FAVARON REGISTA

Una prima visione assoluta anticipata da una tavola rotonda in cui sono intervenuti alcuni dei personaggi che hanno preso parte anche nello sceneggiato e hanno colto l’occasione per raccontare in poche parole il significato che ha avuto per loro, per i protagonisti, il passaggio dall’alpinismo all’arrampicata nella nostra zona. Come spiega Marco Ballerini – il “Ballera” – che tra l’altro è stato il chiodatore della prima via di arrampicata sportiva a Lecco, “questa evoluzione è avvenuta i modo molto naturale, se prima il modo più facile per cercare di alzare il livello era quello di provare le vie alpinistiche in libera piuttosto che in artificiale, poi abbiamo cominciato ad attrezzare nuovi itinerari con l’intento dichiarato di provare vie tecnicamente e fisicamente più impegnative. Siamo passati dai chiodi agli spit e dall’artificiale alla libera” (che non vuol dire scalare senza corda ma scalare solo con ciò che la roccia offre, senza usare staffe o altro per progredire – ndr) e così è arrivata anche a Lecco l’arrampicata sportiva. Siamo tra la fine degli anni ’70 e l’inizio del decennio successivo e un altro grande protagonista di questi anni è Don Agostino Butturini che con i suoi ragazzi del gruppo Condor ha scoperto e chiodato le pareti della Rocca di Baiedo e altre porzioni di roccia nella zona di Introbio. Il Don in questa occasione ricorda l’importanza dell’arrampicata oltre che dal punto di vista sportivo, come si può facilmente immaginare, da quello educativo: “Dalla roccia si può imparare a superare le proprie paure, ma anche a dare il giusto peso alle cose, perché dalla roccia puoi imparare a vivere, ma poi dalla roccia ci devi scendere”.

delfo1Dopo le placche della bastionata del lago del Ballera e quelle di Introbio del Don Agostino, anche a Lecco l’inclinazione comincia a cambiare: siamo tra la fine degli anni ’80 e la metà dei ’90 quando Norberto Riva e Stefano Alippi scoprono e attrezzano prima lo Strapiombo e dopo la Grotta di Mandello, riuscendo a tirarne fuori delle vie di grado severo, con le quali ancora oggi si confrontano i più forti scalatori della nostra zona. A chiudere il dibattito l’intervento di quello che nelle nostre falesie è conosciuto come il chiodatore per eccellenza: Delfino “Delfo” Formenti (foto a sinistra), che ha cominciato la sua attività nel lontano 1986 e da allora ha attrezzato ben 14 falesie, alcune delle quali sono tra le più note e frequentate del lecchese. In questa circostanza Delfino ha spiegato come l’obiettivo che lo ha guidato in tutti questi anni sia stato quello di “sfruttare al massimo tutta la roccia così da poter creare il maggior numero possibile di itinerari su cui potessero scalare e divertirsi il maggior numero di persone”. Il suo desiderio per il futuro è che le nuove generazioni capiscano l’importanza per l’evoluzione dell’arrampicata dello scoprire nuove rocce e dell’attrezzarle e che i giovani si appassionino a questo lavoro e se ne facciano carico.

Nuove generazioni che nel film della Favaron sono rappresentate da Anna Aldè, Maria Ballerini e Simone Tentori, in veste di giovani scalatori quali sono, accompagnati da Marco Ballerini alla scoperta delle più importanti falesie lecchesi e dei personaggi che le hanno rese tali.

M. V.