LECCO – Dopo lo sciopero regionale del 23 maggio, che ha avuto una adesione dell’80% e ha visto manifestare in piazza più di tremila lavoratori, la vertenza sindacale continua e si allarga alle altre regioni assumendo una dimensione nazionale. Ad essere sotto accusa da parte di Cisl Slp, Uilposte, Failp Cisal e Confsal sarebbe la “sordità dell’azienda, del Governo e di tutta la classe politica nei confronti delle giuste rivendicazioni dei lavoratori di Poste Italiane, tese a ridare dignità al lavoro e alla socialità del servizio, trasparenza e corretta informazione in merito alla decisione di cedere la totalità delle azioni sul libero mercato”.
Il 16 giugno si sono riuniti a Roma gli Attivi Unitari di tutte le Oo.Ss. che hanno dato l’avvio del percorso di mobilitazione nazionale in Poste Italiane e all’unanimità hanno approvato un documento in cui si legge che “Su questa vicenda colpisce l’assenza di dibattito pubblico: il processo di privatizzazione è andato avanti senza che nel paese si sia aperto un reale confronto sul futuro di quella che è la più grande infrastruttura di cui è dotato il nostro sistema produttivo. Sono in gioco migliaia di posti di lavoro, competenze, tecnologie, 500 miliardi l’anno di risparmi dei cittadini, la stessa coesione sociale e territoriale del Paese. Occorre che tutto questo sia di assoluta evidenza pubblica. Non possiamo non rilevare che, fino ad oggi – al contrario di quanto il rispetto dei principi fondamentali sulla socialità del servizio imponeva – la quotazione in borsa di Poste Italiane è stata la classica operazione di cassa finalizzata ad abbattere il debito pubblico di insignificanti decimali attraverso un trasferimento di quote di proprietà tra gli altri fondi speculativi che, con la storica mission aziendale e con la sua vocazione sociale, hanno poco o nulla a che fare”. Per questo è stato deciso di intraprendere per il mese di luglio “un percorso di mobilitazione, che coinvolga lavoratori e cittadini e che si esplica mediante iniziative unitarie quali assemblee regionali, presidi davanti alle prefetture, assemblee sui posti di lavoro, presidi davanti ai consigli regionali, incontri con i gruppi parlamentari, presidi davanti alla Camera e al Senato, incontri con le Commissioni parlamentari”.
In provincia di Lecco, sono stati, secondo le associazioni sindacali, “di fatto cancellati 50 posti di lavoro nel settore di recapito, gettandolo nel caos organizzativo più assoluto, peggiorando il servizio alla cittadinanza che deve restare universale, i lavoratori sono privi di strumenti e mezzi, oberati di giacenze e privi di programmi di sviluppo a lungo termine. Nell’accordo nazionale del 25 settembre 2015 l’azienda assicurava la permanenza di tutta la forza lavoro in essere in ogni centro prima della riorganizzazione per un mese, al fine di aiutare la prima fase di implementazione, ma così non è stato e la gran parte dei Ctd non sono stati riconfermati quando il contratto è scaduto. La sportelleria vive ancora una grave e sempre crescente carenza di personale e di organizzazione, che non riesce a garantire serenità lavorativa ed un servizio efficiente sempre sotto la scure di possibili ulteriori tagli e chiusure di uffici, nonostante le recenti deliberazioni dei Tar”.
Per discutere di questi temi i sindacati incontreranno venerdì prossimo il prefetto. Mentre lunedì 11 alle 16.30 è previsto un presidio davanti alla prefettura, per sensibilizzare cittadini e istituzioni “in merito al disagio di tutti i lavoratori di Poste e per rivendicare il diritto a lavorare sereni, offrendo servizi di qualità, in un’azienda unica”.