CIVATE – “Porrajmos” è una parola che ai più risulterà sconosciuta: d’altra parte solo nel 1994 per la prima volta, si è ufficialmente ricordata la Shoa più nascosta, quella del popolo zingaro. Proprio la persecuzione e lo sterminio di 500.000 uomini, donne e bambini Rom e Sinti è stato il tema approfondito venerdì 24 aprile presso Villa Canali, durante l’evento, organizzato da Arci Civate, in collaborazione con Anpi e Amnesty International Lecco e Monza, per inaugurare la rassegna “Diversamente liberi”.
La serata, che ha visto la proiezione del documentario “Il coraggio di essere vento”, ha aperto le celebrazioni per il 25 aprile, giornata della Liberazione: «Il Porrajmos, il “grande divoramento”, racconta una storia drammatica: come gli ebrei, gli zingari subirono la “soluzione finale” per motivi biologici e razziali. Una tragedia, che da una parte loro stessi cercano di dimenticare, ma che dall’altra vedono negata anche a causa della discriminazione ancor viva nei loro confronti» spiegano gli organizzatori. «Tuttavia è una storia di Resistenza, non solo perché tanti Rom militarono in movimenti partigiani, ma perché attiva è la loro natura, che li ha spinti a muoversi attraverso i secoli guidati solo dalla voglia di libertà».
Un istinto che nemmeno l’orrore del campo di concentramento di Auschwitz è riuscito a domare: il 16 maggio del 1944 le SS decisero infatti di smantellare il Familienzgeuengerlager, il campo per le famiglie zingare che non potevano “mischiarsi” agli altri prigionieri e dunque non subivano la consueta selezione iniziale. 4.000 persone, tra uomini, donne e bambini, invece che arrendersi passivamente alla camera a gas, si opposero con la forza della disperazione ai loro aguzzini. Una reazione inaspettata che li salverà, per il momento, dalla morte: i tedeschi infatti erano del tutto impreparati ad una sommossa, anche se applicheranno la “liquidazione” del campo zingaro tra luglio e agosto dello stesso anno.
Gli altri prigionieri racconteranno di ricordare con tristezza quel giorno: quello in cui calò definitivamente il silenzio. Con le famiglie zingare erano infatti scomparsi anche gli ultimi bambini di Auschwitz, quelli rimasti dei circa 300 nati tra le baracche, e quelli sopravvissuti ai folli esperimenti di Mengele. Dei 16.000 Rom e Sinti internati complessivamente a Birkenau, nel 1945, dieci giorni prima della liberazione, si contavano infatti solo 4 prigionieri zingari.
Chiara Vassena