LECCO – Nel pomeriggio di questa domenica 20 settembre Immagimondo ha affollato Lecco con numerosissimi eventi sparsi in tutta la città. Fra i tanti, non si potevano certo perdere “Città di memoria. Viaggi nel passato e nel presente di sei metropoli“, a cura di Mario Maffi, e “The Yukon Blues“, il reportage realizzato da Igor D’India.
Un viaggio insolito in alcune delle più grandi e note città del mondo: da Parigi a New Orleans, passando per New York, alla ricerca di quello che ora non c’è più ma che comunque fa sentire la potente sua voce nel presente, insieme al docente Mario Maffi, che ha presentato il suo libro “Città di memoria”, nella sala dell’affresco di Palazzo del Commercio. Mario Maffi ha insegnato per 41 anni letteratura americana alla Statale di Milano, anche se, ammette il professore, il termine letteratura gli è sempre stato stretto: i suoi interessi hanno sempre spaziato molto, andando a toccare materie come la sociologia o l’antropologia: “la mia visione della cultura è sempre stata molto particolare, legata sicuramente alla geografia, dal momento che questa disciplina dice molto di un paese, ma soprattutto alla storia sociale, da cui deriva la letteratura”, ha affermato Maffi.
Il suo libro, nato da un viaggio lungo il Mississippi, è il punto di arrivo di tanto lavoro precedente, che punta a tornare ad esplorare, o talvolta ad esplorare ex novo, alcune metropoli, di quelle che si finisce sempre per conoscere solo in modo estesamente parziale, suggestionati dai mass media: “delle grandi metropoli abbiamo in mente immagini ‘pronte’: il mio desiderio era di andare sotto a queste immagini e di riportare alla luce la memoria più o meno nascosta di queste città per trovarne la ragione d’essere e la natura più profonda, sviscerando tutte le enormi contraddizioni che caratterizzano queste realtà”. A partire da Parigi, di cui il professore ha voluto accentuare l’aspetto di città collinare, toccando uno degli aspetti meno noti della “ville lumière”, passando per New Orleans, in qualche modo legata a Parigi per motivi storici – riguardo cui il docente ha voluto approfondire aspetti legati alla delicate e tragica tematica della schiavitù – arrivando infine a New York, nelle vie del Lower East Side, ricettacolo di immigrati europei e crogiolo di culture che hanno dato vita allo slang americano e ad importanti fenomeni di mobilitazione popolare, come il poco noto “sciopero delle camiciaie”. “Si tratta di riportare alla luce gli aspetti meno noti delle metropoli, per riscoprirle sotto una luce nuova, quella di teatri di vissuti collettivi passati e presenti, frammenti in continuo cambiamento del nostro mondo urbanizzato”, ha concluso il professore.
16 mila kilometri in autostop e 1400 in canoa sul quinto fiume più grande del mondo: è l’avventura del trentenne palermitano Igor D’India, che ha raccontato la sua esperienza nel tardo pomeriggio in sala Ticozzi, dopo la proiezione del documentario “Yukon Blues” realizzato in Canada ed Alaska. “Mi ha ispirato Walter Bonatti, che ha compiuto l’impresa in Alaska da cui io ho tratto ispirazione per la mia avventura. Mi sono impegnato duramente per due anni, andando in Canada a fare una ricognizione dei territori e a lavorare per raccogliere denaro, e non è stato facile eppure ce l’ho fatta”, ha raccontato l’esploratore.
Un viaggio all’insegna del wilderness durato 4 mesi, durante i quali Igor ha viaggiato in autostop, incontrando personaggi pittoreschi, in canoa e infine in motoscafo ed aereo. “Le difficoltà sembravano insormontabili: il mio fisico, ma soprattutto la mia mente, non erano pronte per le dure condizioni climatiche e per la solitudine che ho dovuto affrontare, ma pensare al mio modello, sapere che Bonatti ce l’ha fatta, è stata per me una grande fonte di speranza. Inoltre, mi ero impegnato molto per realizzare questo mio sogno d’avventura e una volta lì la determinazione e la voglia di farcela è stata più forte della paura del fallimento”, ha continuato D’India. Igor ha inoltre raccontato degli altri avventurosi viaggi che ha fatto, dal rally in Africa con una vecchia Y10 alla “crociera” con la zattera sul Mekong in Laos: “non ho intenzione di fermarmi, ma d’ora in poi procederò da solo, senza ripercorrere le vie già praticate da Bonatti perché, come diceva lui, non bisogna appiattirsi sui propri miti e vivere una vita non propria”, ha concluso l’esploratore, che ha anche ricordato con affetto Rossana, la moglie di Bonatti, che l’ha incoraggiato nella sua impresa e a cui lui ha dedicato la canoa, sua unica compagna di viaggio lungo lo Yukon.