OLGINATE – Il colonnello Carlo Calcagni, vittima dei metalli pesanti del conflitto in Bosnia e atleta paralimpico, ha portato la sua testimonianza a Olginate.
Nella serata di mercoledì 31 gennaio, grazie all’Aido di Olginate, il Teatro Jolly ha accolto l’esperienza di vita del colonnello pugliese Carlo Calcagni, “vittima del dovere”: pilota nella missione Nato in Bosnia del 1996, infatti, Calcagni è stato tra i militari contaminati da microparticelle di metalli pesanti, tra i quali l’uranio impoverito, che lo hanno costretto a devastanti cicli giornalieri di cura, composti da centinaia di medicinali, trasfusioni e operazioni e a un destino che comprende malattie degenerative come sclerosi e Parkinson.
Il colonnello, però, non si è arreso ad un destino segnato, ma ha deciso di combattere con l’arma più potente a sua disposizione: la speranza. Dalla sua prima operazione, nel 2002, ha portato avanti la sua carriera da ciclista e atleta paralimpico nonostante gli intoppi burocratici che, pur riconoscendolo invalido, non gli hanno certificato i requisiti per poter essere considerato atleta paralimpico, facendogli perdere il treno delle Olimpiadi di Rio de Janeiro. Calcagni, oltre ai numerosi podi e primati, ha recentemente partecipato anche alla “Ride for Unity: 7 Days/7 Emirates“, un tour ciclistico attraverso gli Emirati Arabi Uniti per unire cultura ed inclusione attraverso lo sport.
Nella serata del Jolly, il colonnello ha voluto sottolineare in particolare l’importanza del dono della vita, “che merita di essere vissuta al meglio e che io vivo davvero attraverso lo sport; soprattutto in Italia, vado spesso nelle scuole e tra i giovani per trasmettere il messaggio che la vita va vissuta e rispettata, soprattutto perché può cambiare in un attimo e si può diventare fragili tutto d’un tratto”. Ha poi evidenziato che “il dono si deve anche dare agli altri, nella vita di tutti i giorni; quando vado a dormire, sono sereno perché sono consapevole di donare e donarmi tutti i giorni; anche per questo è importante il tema della donazione degli organi sostenuto da Aido”.
Il discorso è poi passato al tema scottante dell’uranio impoverito e della contaminazione da metalli pesanti in guerra; Calcagni, che si autodefinisce “prova vivente” dell’utilizzo di queste sostanze nelle guerre balcaniche, ha fortemente affermato che “dopo anni di battaglie, il Ministero della Difesa nasconde tutt’ora la verità di 600 militari morti e 8000 malati, sostenendo che non sia mai stato usato uranio impoverito nei Balcani. Io ho rischiato di morire due volte in un mese per un’embolia e una setticemia, e per dare un ultimo messaggio ho denunciato apertamente questo sistema omertoso al programma Le Iene, ricevendo in cambio l’impossibilità, da allora, di indossare la divisa. È per questo che voglio portare una maggiore informazione sulla vicenda e mostrare soprattutto ai giovani come la cultura renda liberi, con lo sport che mi permette di portare avanti questa battaglia”.
La sala ha poi potuto assistere al documentario “Io sono il colonnello”, del regista Michelangelo Gratton, un ritratto profondamente umano di Calcagni, che si vede, tra la documentazione dei trattamenti giornalieri, alle prese con i ricordi dell’infanzia in Germania (i genitori erano emigrati dalla Puglia a Ichenhausen, in Baviera), del rientro in Puglia e della difficile gioventù, con la passione precoce per gli sport; i ricordi poi scorrono fino all’arruolamento, alle condizioni estreme e precarie delle missioni in Bosnia, ai sogni di diventare istruttore di volo e fare famiglia in parte spezzati dalla malattia. Calcagni, sposato con tre figli, specifica che il rispetto che lo Stato non gli ha concesso non è stato dato nemmeno alla sua famiglia, che lo assiste, e ai figli, che hanno ereditato parte delle sue problematiche genetiche.
Lo sport, parte integrante di quella “vita piena” che ricorre nelle parole del colonnello, è anche uno dei metodi più importanti per rallentare il più possibile l’avanzare delle patologie degenerative soprattutto per il suo fisico; anche per questo motivo il suo status di diversamente abile “non ordinario”, criticato da alcuni per ignoranza, lo spinge a continuare per la sua strada, lastricata di medaglie tra ciclismo, atletica e molte altre discipline.
Rispondendo agli interventi del pubblico, Calcagni ha voluto sottolineare che non si considera un supereroe, “perché questo significa essere al di sopra degli altri; io mi sento al pari di tutti, perché tutti possono essere al mio livello e soprattutto io voglio essere in mezzo alla gente”.
Alla domanda riguardo la sua fede, Calcagni si è dichiarato credente a causa di un evento specifico: “Dio esiste ed è con me perché, quando ho avuto la setticemia letale che ho citato, sono stato portato nel reparto di rianimazione e, per un periodo indefinito, ho perso conoscenza; durante quel periodo, ho avuto una sensazione di straniamento e benessere senza poter percepire spazio e tempo, poi in un istante mi sono visto al di fuori del mio corpo senza poter dare un segnale ai medici e a chi avevo intorno; tornato in me, da allora ho interpretato tutto questo come il segno che su questa Terra ho una missione da compiere per gli altri. Questo avviene anche grazie alle sperimentazioni che i medici hanno svolto su di me, come ad esempio per il cocktail di medicinali sperimentale che mi ha salvato la vita in rianimazione e che è stato studiato per questo”.
Non è mancata un’ulteriore denuncia dell’omertà intorno al tema dell’uranio impoverito: “Ho fatto parte di una serie di commissioni, delle quattro organizzate, e di tavoli ministeriali per raccogliere ed elaborare prove certe sul suo utilizzo negli scenari di guerra dei Balcani: in tutti i casi, i documenti frutto del lavoro di più persone sono spariti o secretati, con molti dei partecipanti ai lavori che “non ricordano più” il loro lavoro in merito.
Per esempio, l’ex Ministra della Difesa Elisabetta Trenta, che mi aveva nominato suo consigliere in merito e aveva voluto fortemente lavorare sul tema, è stata ostracizzata e sostituita dopo la pubblicazione della documentazione in merito; oppure un altro ex Ministro che ha negato pubblicamente l’utilizzo dell’uranio impoverito nei Balcani, e nonostante queste sue affermazioni siano state poi smentite, non ha mai ritrattato. Massimo D’Alema, all’epoca dei fatti Presidente del Consiglio, ha firmato personalmente il documento che dava la possibilità agli aerei americani di partire, carichi di questi armamenti, dalle basi italiane; gli stessi aerei, per esempio nei casi di annullamento delle operazioni, hanno scaricato queste sostanze nell’Adriatico, e anche questo è un tema su cui tutto tace”.
Michele Carenini