LECCO – È attraverso la storia dell’umanità che rivediamo la storia della nostra lingua. L’italiano ha nel tempo seguito le vicissitudini degli italiani: l’evoluzione della lingua, l’ibridazione con il dialetto, la lingua nazionale nel 1861 con l’Unità nazionale e poi consolidata con le due guerre mondiali e la contaminazione delle lingue straniere e del linguaggio informatico ai giorni nostri.
Spesso alcune locuzioni vengono riportate, non tanto per conoscenza personale, quanto per inerzia linguistica e ciò talvolta sfocia nella ridicolizzazione dell’espressione, dovuta a strafalcioni letterari.
1 – Tanto va la gatta al largo che ci lascia lo zampino.
La micia in questione, partita per mare in cerca di una nuova vita, è vittima di un terribile incidente: un iceberg dirotta la nave, la quale inizia lentamente a sprofondare. Fortunatamente un baldo gattino, dalla chioma leonina, la porta in salvo, trasportandola su una piccola lettiera. Il giovine non riesce a restare appigliato alla piccola zattera home-made e precipita nelle gelide acque. La protagonista tenta invano di salvare il naufrago amico, afferandolo con la sua zampina e rimettendoci amore e manicure…
Fortunatamente il Di Caprio felide è salvo, in quanto la vera storia della micetta citata dal proverbio “Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino“, si rifà all’abitudine del felino di accaparrarsi, di nascosto, il cibo proveniente dal tagliere, rimettendoci ahimè la zampina.
Il significato di tale proverbio rimanda alla pericolosità del compiere azioni proibite.
Martina Panzeri