MORTE DELL’AGENTE PISCHEDDA/
UN’ODISSEA IN AMBULANZA.
IL GIORNO: “SE PORTATO SUBITO
A LECCO POTEVA SALVARSI?”

PISCHEDDA F POLSTRADALECCO – “Mandate qualcuno, abbiamo due uomini a terra, uno è dei nostri…“. Sono le 20.20 di giovedì 2 febbraio quando i colleghi di Francesco Pischedda lanciano l’allarme, l’agente della polstrada prossimo ai 29 anni era appena precipitato nel vuoto e giaceva a terra, accanto a lui il malvivente 25enne che stava inseguendo e insieme al quale è caduto.

È la redazione de Il Giorno che ricostruisce istante per istante quella notte, evidenziando dettagli poco chiari riguardo tempistiche e la più generale gestione dell’emergenza. Punti sui quali la Procura vuol fare chiarezza, anche per questo sono state acquisite le comunicazioni di quella notte e convocati personale 118 e soccorritori.

Passano infatti due ore dall’incidente a quando Pischedda arriva all’ospedale di Gravedona, quattro prima di arrivare al “Manzoni” di Lecco, ormai senza vita. La telefonata dei compagni di pattuglia dell’agente raggiunge la centrale del Numero unico di emergenza di Varese ed immediatamente dirottata alla sala operativa di Como. I primi ad arrivare sui due feriti sono i volontari della Croce rossa di Colico e del Soccorso bellanese, mobilitati con un codice giallo. Dopo di loro, non sono ancora le 21, arriva anche l’automedica di Bellano.

il giorno quotidiano logo link“I sintomi di una sospetta emorragia interna per il poliziotto sono parsi subito evidenti  – continua la ricostruzione de Il Giorno -, per questo sono stati chiesti i rinforzi, ma è trascorsa quasi un’altra mezz’ora prima che, alle 21.30, da Gravedona venissero inviati un infermiere e i componenti dell’autoinfermieristica. Per accorciare i tempi qualcuno ha proposto di cominciare ad accompagnare il paziente con l’ambulanza di base verso l’autoinfermieristica per incrociarsi a metà strada e guadagnare minuti preziosi, ma il via libera è stato dato quando ormai anche l’autoinfermieristica era praticamente già lì, mentre stavano per scoccare le 22. Per divorare i 17 chilometri verso l’ospedale Gravedona ci sono poi voluti altri venti minuti. Dopo le prime cure e le valutazioni delle condizioni, i medici che hanno preso in carico il paziente hanno valutato di non essere nelle condizioni di assistere in maniera adeguata il paziente e hanno deciso di trasferirlo nuovamente e dirottarlo al più attrezzato “Alessandro Manzoni” di Lecco”.

FUNERALE PS1E per arrivare nel capoluogo passano altri 55 minuti. Pischedda è già morto per l’emorragia all’aorta addominale e non è nemmeno più necessario portato in camera operatoria.

Il meteo quella notte è pessimo: la pioggia battente e la nebbia costringono l’elicottero a terra, e le ambulanze nonostante sirene e strade libere non possono correre come il codice d’intervento ormai scattato a rosso avrebbe loro permesso.

Una vera odissea quella toccata all’agente scelto Francesco Pischedda. Una sorte che è stata evitata all’altro paziente, il 25enne di origine moldava, il quale, forse perché tra i due è apparso in condizioni più gravi, e subito è stato destinato al “Manzoni”, dove tutt’ora si trova, in coma ma con la speranza di poter sopravvivere. Il compito di fare chiarezza spetta ora alla Procura di Lecco.