KRAGUJEVAC (SRB) – Dopo un viaggio di oltre dodici ore che da Lecco a bordo di due furgoni ci ha portati a Kragujevac, una città 140 chilometri a sud di Belgrado, la quarta della Serbia per numero di abitanti, prima ancora di sistemarci in albergo abbiamo fatto visita a Dusan, che vive assieme ai genitori, Dejan e Liliana, la nonna e due sorelle in una casetta non lontano dal centro. Dai sorrisi, gli abbracci e gli sguardi colmi di gioia si vede come tutta la famiglia sia molto affezionata al gruppo di volontari lecchesi che fanno capo a Mir sada (in serbo “pace ora”), perché è grazie anche al loro contributo che Dusan oggi è ancora vivo. Nato nel 1996 con una grave malattia congenita che compromette la funzionalità di fegato e reni, è stato segnalato all’associazione lecchese, col supporto della quale ha potuto nel 2001 essere operato a Bergamo, dove gli sono stati trapiantati il fegato e un rene. “Da allora ci occupiamo di lui – raccontano Maria Carla Ara e Corrado Conti – ci facciamo carico del viaggio in Italia per le visite di controllo (solo negli ultimi anni lo stato serbo contribuisce acquistando il biglietto aereo), ospitiamo la famiglia che lo accompagna e ci siamo attivati per fargli avere gratuitamente da una casa farmaceutica giapponese una fornitura di farmaci salvavita fino a quando serviranno”. I due volontari calolziesi hanno insomma “adottato” Dusan e la sua famiglia, è così che funziona Mir sada.
Nel novembre del 1999 infatti una prima spedizione dell’associazione vicina alla Fiom lecchese, che fin dall’inizio degli anni Novanta portava aiuti nei campi profughi in Albania, Kosovo, Slovenia e Bosnia, fece tappa a Kragujevac e subito si attivò per dare un sostegno concreto alla popolazione duramente colpita dalla guerra nei Balcani. Un mese dopo questo primo viaggio partì un tir carico di aiuti umanitari e la primavera successiva prese avvio il progetto delle adozioni: su segnalazione del principale sindacato dell’area, Samostalni, vengono individuate delle famiglie che per problemi di salute, per disagi economici o per condizioni sociali particolarmente critiche, hanno bisogno di un supporto e vengono “adottate” da famiglie italiane che le sostengono con un contributo annuo di 300 euro. Da allora sono state attivate 220 adozioni, per un totale di circa 800mila euro raccolti e interamente donati e oggi sono 62 le famiglie serbe che possono contare sul sostegno di Mir sada.
Si perché la guerra decennale che ha investito le popolazioni slave alla fine del secolo scorso ha avuto delle conseguenze che si ripercuotono ancora oggi sul tessuto economico e sociale dei Paesi colpiti. Kragujevac ad esempio, quando è scoppiato il conflitto, costituiva il fulcro di un vivace centro industriale fondato sull’attività produttiva della Zastava, una fabbrica metalmeccanica dove la costruzione di armi e automezzi, tra cui le famose auto Yugo, all’inizio degli anni Novanta dava lavoro a 38mila persone, fino a quando nel 1999 le forze della Nato bombardarono la fabbrica distruggendola.
Oggi, a quasi vent’anni di distanza, la Zastava continua ad essere il simbolo della città: caduta in disuso, se non per qualche linea di produzione di armi e camion, troneggia fatiscente al centro della città, rispecchiandone le tante contraddizioni: vecchi e cadenti palazzi di stampo sovietico accanto a nuovissimi e deserti centri commerciali, il mercato di paese dove si possono acquistare rastrelli in legno o vasi di terracotta, proprio sul marciapiede antistante le vetrine di negozi con costosi brand occidentali. Una città che per certi versi guarda allo stile di vita occidentale ma che per altri sente la nostalgia della Jugoslavia di Tito e che soprattutto deve fare i conti con disoccupazione, alcol, droga e povertà: “In passato abbiamo operato anche nel campo profughi della città – ci spiega il presidente di Mir sada Mauro Castelli – nella scuola, dove abbiamo contribuito all’abbattimento delle barriere architettoniche, alla costruzione della palestra e alla fornitura del materiale didattico; oltre ad avere collaborato con altre realtà nell’ambito di un progetto di inserimento lavorativo di persone disabili”.
Ed è proprio la vecchia sede della Zastava la seconda importante tappa del nostro viaggio. Qui abbiamo incontrato i rappresentanti del sindacato con il quale Mir sada collabora da quasi vent’anni per l’identificazione delle famiglie da sostenere. Ad accoglierci Zoran Markovic, segretario del sindacato Samostalnii di Fca a Kragujevac, che ha spiegato ad Altreconomia come la rinascita che ci si era immaginati nel 2012, quando grazie ad un accordo tra Fca e Governo serbo Kragujevac ha ricominciato a produrre auto, la Fiat 500L, abbia in realtà tradito le aspettative. Oltre ad avere creato molti meno posti di lavoro dei 30mila promessi, anche lo stipendio degli operai (attorno ai 350 euro al mese) resta inferiore alla media nazionale.
Ancora oggi quindi il lavoro di Mir sada è fondamentale e lo abbiamo visto con i nostri occhi. Accompagnati dall’interprete Rajka Veljovic, da sempre punto di riferimento per i volontari lecchesi, abbiamo visitato alcune delle famiglie adottate. Tara ha undici anni e vive in un vecchio palazzone in periferia in un piccolo appartamento dove gli oggetti sembrano accumularsi da soli, con la madre cieca e la nonna. Ad occuparsi di lei, seppur a distanza, è Marilena Anghileri che oltre alla classica donazione ha pensato ad un aiuto molto efficace: ha ingaggiato un’educatrice che si occupa della ragazza, non solo offrendo un supporto nello studio, ma soprattutto un sostegno relazionale, che in questo caso la famiglia non può offrirle. È con Jelena che Tara si sta preparando per un viaggio scolastico: con lei acquista i vestiti che le servono per partire, prepara la valigia ed è ancora Jelena ad accompagnarla alla cerimonia della consegna delle buste.
Si perché un momento centrale del viaggio che Mir sada ripete due volte all’anno dal 2000 è la cerimonia con la quale vengono recapitate le donazioni: attorno a metà mattina tutte le famiglie che aderiscono al progetto si riuniscono nel salone conferenze di sovietica memoria della Zastava. Alla presenza del segretario locale Rajko Ragujevic e di altri membri del sindacato Samostalni, viene dato un caloroso benvenuto a Mir sada, con la lettura dei nomi di tutti i volontari presenti e un breve discorso da parte di uno dei rappresentanti: “Ci chiedono perché continuiamo a venire in Serbia dove la guerra è finita e non operiamo in altre zone del mondo – esordisce Alberto Anghileri, consigliere comunale ed ex segretario della Cgil di Lecco –, perché qui c’è un popolo che ha bisogno di una mano e con il quale abbiamo stretto amicizia profonde. In un’Europa dove sorgono muri noi vogliamo costruire ponti convinti che ‘tutti gli uomini nascono liberi e uguali’ così come sancito dal primo articolo della Dichiarazione universale dei diritti umani”.
Dopo i preamboli si entra nel cuore della cerimonia, a dire il vero un po’ artificiosa per un osservatore esterno: la funzionaria del sindacato ad una ad una chiama le famiglie, le quali si avvicinano al grande tavolo dove siedono la decina di rappresentanti di Mir sada e di Samostalni, stringono la mano ad ognuno di loro e ritirano la busta, preparata la sera prima nella hall dell’albergo dai volontari storici dell’associazione. Gli adottati in cambio portano ai benefattori un dono, normalmente una bottiglia di grappa fatta in casa. Al nostro ritorno i furgoni straripavano di liquore. “Abbiamo cercato nel tempo di modificare questo passaggio delle buste – ci spiega Castelli – ma per il sindacato e per le famiglie è una garanzia di trasparenza a cui non vogliono rinunciare”.
Non tutti i beneficiari della donazione possono sempre partecipare alla cerimonia. A Petar ad esempio abbiamo recapitato la busta a casa: soffre di una forma di spasticità, aggravata da altri disturbi che gli rendono quasi impossibile lo spostamento. Dopo che il fratello maggiore si è sposato e la madre, probabilmente provata dalla situazione, è tornata a vivere con i genitori, Petar è rimasto con il papà Tota, che per non lasciarlo mai solo si è reinventato una piccola attività in giardino come riparatore di tagliaerba e motorini. Al nostro arrivo ha subito riconosciuto Sara e Tino Magni e la sua felicità è diventata incontenibile, soprattutto dopo che ha scartato il suo regalo: un lettore Mp3 con un paio di cuffie per ascoltare la musica che lui adora.
Emblema del segno non solo materiale ma anche affettivo e relazionale che i volontari di Mir sada portano avanti da quasi un ventennio con passione e dedizione assoluta è la storia di Tjana, ragazza 29enne adottata da Vladimiro Paonessa e Vanda Bono, e Andrea, volontario di Mir sada che da qualche tempo aveva un po’ abbandonato la partecipazione attiva ai viaggi. I due si sono conosciuti nel luglio del 2015 in occasione di un viaggio della ragazza a Lecco, si sono innamorati e lo scorso anno hanno deciso di sposarsi con due funzioni, una in Italia e una Serbia, a cui naturalmente hanno partecipato anche i volontari italiani.
L’augurio che viene spontaneo fare risalendo sui furgoni per tornare in Italia è che Kragujevac possa un giorno non aver più bisogno del supporto di Mir sada, che sappia rialzarsi come dopo la strage nazista del 1941 dove rimasero uccisi in pochi giorni 2700 tra uomini e ragazzi, come ricordano i monumenti del Memorial Park Sumarice. Fino ad allora è davvero una fortuna che dei nostri concittadini si facciano carico di un pezzetto di questo mondo che sta tutto sommato a poche centinaia di chilometri da dove viviamo.
Manuela Valsecchi