LECCO – Come Rifondazione Comunista di Lecco siamo stati a fianco dei lavoratori della Leuci sostenendo la loro lunga lotta per difendere il posto di lavoro. Abbiamo sostenuto la loro protesta dapprima per il rilancio dell’azienda, poi per la riconversione innovativa dell’area.
Proposte che abbiamo visto infrangersi contro il muro della proprietà Leuci, una proprietà assente e parassitaria unicamente interessata alla rendita speculativa che oggi, dopo aver bruciato un centinaio di posti di lavoro, è arrivata a mettere a rischio anche la salute pubblica.
Come Rifondazione Comunista ringraziamo i cittadini e gli abitanti della zona per gli esposti presentati: grazie a queste denunce, oggi possiamo renderci conto della gravità della situazione e dell’imminente pericolo per la salute. A tutti è noto che la pericolosità dell’amianto è data dal rilascio di fibre nell’ambiente e oggi parte dei 5200 mq di tetto della ex Leuci è composto da amianto fratturato, lastre staccate e frantumate, a pezzi sgretolati e sparsi. Queste condizioni, se confermate, farebbero scattare l’obbligo di messa in sicurezza dell’area dal punto di vista sanitario e ambientale e soprattutto l’avvio, ai sensi della legge, di una bonifica.
Rifondazione Comunista nel ritenere fondate le denunce dei cittadini e dagli abitanti chiede l’intervento immediato delle autorità competenti in materia di controllo e sorveglianza sanitaria e ambientale senza aspettare l’ennesima disponibilità apparente della proprietà, da sempre dimostratasi un soggetto socialmente irresponsabile.
Poniamo perciò alcune domande alle autorità responsabili di Lecco:
1) Come mai dopo un anno dagli esposti presentati dai cittadini non si è ancora fatto nulla accontentandosi di registrare il rifiuto della proprietà a far entrare i tecnici dell’ATS, senza chiedere l’intervento immediato della magistratura?
2) Ma soprattutto: da quanto emerge dal pubblico registro dell’amianto “provincia di Lecco” per il sito area Leuci già in data 5 marzo 2012 risultava la presenza di DUE coperture in cemento-amianto per un totale di circa 5200 mq, entrambe dichiarate danneggiate per oltre il 10%. I protocolli di intervento stabiliscono che quando il danno è superiore al 10 % “si procede alla bonifica come indicato dal Decreto Ministeriale 6 settembre 1994 privilegiando l’intervento di rimozione”. Bene: se sono ben cinque anni che si sanno le cose, perché nessuno è intervenuto? Perché a fronte del silenzio della proprietà nessuno si è mosso?
3) È mai stata pianificata/programmata la rimozione dei manufatti contenenti amianto? Quali azioni sono state intraprese dagli organi competenti verso la proprietà? Sulla base delle valutazioni del rischio amianto sono stati stabiliti i metodi di bonifica? Le modalità di custodia e manutenzione? Il programma di controllo? Sono stati eseguiti rilievi ambientali finalizzati a verificare la concentrazione di fibre aero-disperse (monitoraggio ambientale) al fine di stabilire le eventuali soglie di allarme che prevedono specifiche procedure a tutela della salute e dell’ambiente?
A Lecco in pieno centro città c’è una ex-fabbrica lasciata al suo destino. Accanto, abitazioni, scuole, un presidio medico: un buco nero nel centro città. Un sito dove oltre al pericolo dell’amianto ci risulta che molto probabilmente continuino ad essere stipati altri materiali. Poiché stiamo parlando di una proprietà privata, non possiamo accedere all’interno, ma non è da escludere che dentro vi sia anche del materiale pericoloso che può danneggiare e inquinare l’ambiente (a proposito: quali “accorgimenti” all’interno dell’area la proprietà ha posto in essere nel mese di marzo 2017?). Ci chiediamo:
a) che fine ha fatto il materiale necessario usato per la produzione di lampade? Fosforo, alcool, acido, soda caustica, sacchi di mastice in polvere, tutto il materiale per gli imballaggi (cartone, astucci, l’idrato di cellulosa o cellophane, plastiche , olii ecc?).
b) Inoltre: cosa contengono i silos visibili anche dall’esterno? Chiediamo che oltre ad ispezionare le condizioni dell’amianto, il sopralluogo ed il controllo avvengano su tutta l’area e all’interno di tutti i capannoni per verificare eventuale materiale pericoloso ancora stipato.
c) Inoltre c’è un altro tema: come Rifondazione Comunista chiediamo alla giunta e la sindaco di Lecco a quanto ammontano le imposte non pagate dalla ex Leuci. A quanto si è potuto leggere sui quotidiani del territorio la cifra dovuta si aggirerebbe intorno agli 800.000 euro). Se è così il comune, come suo dovere, ha aperto un contenzioso per recuperare tali ingenti somme oppure ancora no? Il Comune di Lecco intende attivare un’azione esecutiva al fine di recuperare l’intero credito dalla proprietà?
Ma in fondo la vera questione è che il degrado e la pericolosità dell’area dipendono dall’inerzia delle forze sociali e istituzionali della città, fino ad oggi assenti nel provare a definire un progetto di riutilizzo dell’area. Ad oggi solo la coalizione di associazioni che sostiene il progetto CittàdellaLuce sta provando a rigenerare un luogo che solo se ritornerà produttivo potrà non essere più pericoloso.
Circolo PRC Lecco