LECCO – Anche prendendo spunto dalle discussioni di Parigi della COP21 sui cambiamenti climatici, Legambiente interviene sull’argomento rifiuti nella Provincia di Lecco.
Una discussione seria non può prescindere da alcune considerazioni di fondo – spiega l’associazione ambientalista –: la tecnologia per la gestione dei rifiuti sta volgendo verso il trattamento a freddo per il recupero di materie prime; dopo gli anni dello spreco è ora di cambiare stili di vita orientandosi verso comportamenti virtuosi che privilegino la riduzione della produzione di rifiuti. Inoltre, la lotta ai cambiamenti climatici ci chiede di abbandonare i combustibili fossili per la produzione di energia.
Considerata la crescita qualitativa e quantitativa della raccolta differenziata, è lecito immaginare che nei prossimi 15 anni – per quando cioè il forno sarà a fine vita – occorra studiare delle soluzioni diverse dalla termovalorizzazione, perché i rifiuti stessi verranno meno come combustibile e in ogni caso sarà ambientalmente insostenibile bruciarli.
Ci sono sviluppi che devono divenire parte integrante del ciclo di gestione dei rifiuti, al di là della differenziazione: educare alla riduzione della loro produzione, intervenire sulla distribuzione per quanto riguarda gli imballaggi, fare pressione perché si completino le filiere del riciclo, ragionare su uno sviluppo deciso della tariffazione puntuale.
Crediamo però che immaginare cosa possa diventare il termovalorizzatore stesso quando andrà a fine vita sia uno degli aspetti più importanti – e anche stimolanti – per gli amministratori locali, che possono rendere protagonista il nostro territorio di uno sviluppo d’avanguardia rispetto alla gestione dei rifiuti. In particolare, in linea con quanto da noi espresso già in precedenti comunicati, crediamo che la trasformazione del forno in un impianto di trattamento a freddo dei rifiuti residuali della raccolta differenziata, sia la soluzione più significativa per rimanere al passo con i tempi.
Questa tecnologia permette di avviare al riciclo la parte già differenziata e di andare a trattare ulteriormente l’indifferenziato, separando la frazione umida (che può venire bioessiccata e avviata al compostaggio) dalla frazione secca. Quest’ultima può venire in parte riciclata e in parte trasformata in CSS (combustibile solido secondario, solitamente combusto dalle cementerie) o – eventualmente – stoccata in discarica come materiale inerte. Per questo è comunque opportuno fare una riflessione profonda anche sui pro e i contro di tale tecnologia, soprattutto per quanto riguarda gli impieghi e le destinazioni finale dei prodotti.
Rispetto ad altre aree geografiche italiane, possiamo avviare una discussione seria sul ciclo dei rifiuti non avendo l’affanno di vivere situazioni di emergenza territoriale. Pertanto suggeriamo di produrre due studi di fattibilità.
Il primo per verificare l’opportunità di realizzare un impianto di trattamento a freddo dei rifiuti che sostituisca la termovalorizzazione quando si giunge a fine vita del forno. Occorre attivarsi oggi per garantirsi anche aree e strutture dismesse per ospitare i nuovi impianti.
Il secondo studio di fattibilità concerne invece il progetto di teleriscaldamento. Legambiente ribadisce quanto già espresso in passato: se è auspicabile che il calore che viene prodotto dal forno non venga disperso, possiamo pensare oggi ad una rete di teleriscaldamento solo se questa non verrà alimentata da fonti fossili dopo la dismissione del termovalorizzatore (cosa non prevista dal progetto preliminare). In altre parole vogliamo capire la sostenibilità tecnologica ed economica di una rete di teleriscaldamento che dopo una decina d’anni dalla sua realizzazione, venga alimentata unicamente da fonti di energia rinnovabile. Un sostegno a un’opera comunque impattante per il territorio può giungere se e solo se quest’ultima risulta all’avanguardia in termini di sostenibilità ambientale ed energetica nel lungo termine.
Coordinamento dei circoli di Legambiente della Provincia di Lecco