MILANO – Nei giorni scorsi una delegazione di Presidenti delle Regioni del bacino del Po, guidata dal governatore lombardo Attilio Fontana, è andata a Bruxelles per convincere gli europarlamentari ad ammorbidire la proposta legislativa della Commissione Europea che abbasserà le soglie di tolleranza dei principali inquinanti atmosferici, sostenendo di aver già fatto abbastanza.
Legambiente ha voluto controllare dati e tesi sostenute da Regione “e i conti non tornano: non è vero che la Lombardia emette meno inquinanti della media UE!” afferma l’associazione ambientalista.
“La Lombardia, vera e propria ‘camera a gas’ per motivi orografici, ha effettivamente fatto passi avanti importanti sul fronte delle emissioni industriali, precorrendo il resto del Paese sui controlli alle caldaie e sul bando a combustibili e veicoli inquinanti, ma da tempo le politiche ambientali sono ferme al palo e in alcuni casi (vedi le tante deroghe, compresa quella espressa dal dispositivo ‘Move-In’) tornano sui loro passi. Esauriti gli effetti delle politiche dei decenni scorsi, da oltre un lustro in Lombardia non si registrano miglioramenti per l’inquinamento da polveri sottili nelle città, il più problematico da un punto di vista sanitario”.
Tabella: da oltre 5 anni i miglioramenti nelle emissioni sono sempre meno significativi
(elaborazioni Legambiente da dati ARPA Lombardia)
“Regione Lombardia – accusa Legambiente – usa un doppio stratagemma matematico per sostenere le proprie tesi: ha utilizzato come parametro le emissioni di PM, sorvolando sul fatto che oltre i due terzi dell’inquinamento da polveri NON derivano dalle emissioni dirette, bensì dalle emissioni dei loro precursori gassosi, soprattutto gli ossidi di azoto e l’ammoniaca; inoltre, ha operato un confronto basato sulle emissioni pro-capite: dal momento che la Lombardia ha una densità di popolazione quattro volte superiore alla media europea, ha in pratica diviso per 4 il valore delle emissioni provenienti dal territorio lombardo”.
“L’uso del parametro pro-capite non sarebbe sbagliato, se usato per confrontare tra loro regioni con caratteristiche insediative simili alla Lombardia, come la Île-de-France, la Renania o i Paesi Bassi”, spiega il responsabile scientifico di Legambiente Lombardia, Damiano di Simine. “Ma da un confronto come questo la Lombardia non uscirebbe bene, avendo emissioni ben più alte, ad esempio, di quelle dei Paesi Bassi. Sul valore delle emissioni di inquinanti gassosi precursori delle polveri sottili i dati della Lombardia sono addirittura mortificanti: la nostra regione infatti fa segnare, per ogni Km2 del proprio territorio (montagne e laghi inclusi), emissioni di ossidi di azoto pari a 4,2 tonnellate, contro una media europea di 1,4t, tre volte tanto. Oltre la metà delle emissioni di ossidi di azoto derivano da veicoli a motore diesel: è evidente come Regione Lombardia, a differenza di altri Paesi europei, sconti il risultato di decenni in cui non ha mai voluto programmare misure di phase-out dalla propulsione diesel”.
“Le cose vanno anche peggio sul fronte delle emissioni agricole: la Lombardia emette 3,8 tonnellate di ammoniaca per Km2, contro una media UE di 0,8t, poco meno del quintuplo. Il territorio lombardo emette più ammoniaca perfino dei Paesi Bassi, lo stato europeo con la maggiore densità di allevamenti intensivi ma che sta tentando, a fatica e tra mille proteste, di ridurre la densità di bestiame per i problemi ambientali che ciò determina. Sul tema delle emissioni di fonte agricola e zootecnica la Lombardia non vuole invece nemmeno toccare palla, pensando che far finta che il problema non esista equivalga ad averlo risolto. Purtroppo, non è così. L’ammoniaca è il principale precursore della formazione di particolato sottile, ragione per cui città come Cremona o Mantova, specialmente nei periodi di spandimento di liquami nei campi, hanno spesso valori di inquinamento da PM ben più alti del centro di Milano”.
I dati, nel dettaglio, vengono illustrati nel dossier con cui Legambiente Lombardia ha voluto dare una risposta alla domanda ‘stiamo facendo abbastanza per la qualità dell’aria lombarda?’, da oggi scaricabile dal sito web dell’associazione, e che nei prossimi giorni verrà tradotto e inviato ai parlamentari europei.
“La risposta alla domanda è un secco NO”, conclude Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. “Si può e si deve fare molto di più, a cominciare dalla lotta agli inquinanti dovuti a trasporti e agro-zootecnia intensiva. Quello che per Regione è un alibi per non agire, secondo noi dovrebbe rappresentare una sfida a fare di più e meglio nella riduzione delle emissioni; sia innovando l’economia sia tutelando la salute di venti milioni di abitanti della Lombardia e delle regioni confinanti. Ben venga dunque l’aggiornamento della direttiva europea sulla qualità dell’aria: la salute dei cittadini ha bisogno di una nuova iniezione di politiche che permettano alla Lombardia di essere la regione europea che guidi il cambiamento, anziché subirlo”
Le proposte di Legambiente
– ridurre il trasporto individuale a base automobilistica, favorendo lo spostamento verso altre modalità (mobilità collettiva e/o attiva);
– razionalizzare il trasporto delle merci (maggior utilizzo del vettore ferroviario; intermodalità, logistica industriale, soluzioni logistiche per l’ultimo miglio delle consegne);
– abbandonare rapidamente la motorizzazione diesel (a favore di differenti motorizzazioni, con priorità all’elettrico), sia nel trasporto persone indivuduale e collettivo sia, soprattutto, nel trasporto merci;
– incentivare politiche agricole per la riduzione dell’intensità di allevamento, la riduzione degli input fertilizzanti e la diversificazione colturale, oltre a misure di retrofitting rivolte alle emissioni del settore zootecnico;
– introdurre misure rivolte alla combustione di legna e biomasse legnose, volte ad aumentare le prestazioni obbligatorie di abbattimento dei fumi dei dispositivi di combustione, ma anche ad evitare che la dimensione del parco impiantistico dei dispositivi di combustione ecceda la disponibilità di matrici legnose generate come sottoprodotti della gestione forestale sostenibile a livello regionale, evitando sia il ricorso a importazioni di biomasse legnose, sia lo sviluppo di una filiera agroforestale dedicata alla sola produzione energetica.