LECCO: FRA STORIA E SEMPLICITÀ,
UN GRANDE SUCCESSO
PER LA REGATA DELLE LUCIE

regata lucie 2LECCO – Lecco si è riscoperto essere un “golfo”: eccola la parola chiave della serata di ieri, il sabato delle Lucie che ha illuminato la torre campanaria inspiegabilmente di viola. E sugli alberi del lungolago apparivano slogan trascinati dall’Expo, mentre le famiglie della città e dei dintorni sembravano sinceramente riunite, quasi incredule di fronte alla manifestazione rimasta a Lecco che conserva ancora storia e semplicità. In fondo basta spesso la tradizione popolare per riscoprirci una cittadina ricca di cultura.

I Batèj (Batèll al singolare) – questo il loro vero nome coniato nel remoto 1500 – hanno mostrato la loro livrea illuminata disegnando riflessi sensazionali nel tratto Lungo Lario Isonzo – Via Cesare Battisti, in una piacevole gara che qualcuno ha detto “regata” , fino a una boa accanto al dorato S. Nicolò e ritorno al molo. Erano circa le 21.30, un orario che solitamente vede la gente ancora nei ristoranti, mentre ieri, pur di non perdersi il breve evento romantico, molti hanno preferito del cibo d’asporto sulla riva e tra le dita gli immancabili cellulari con proprietà fotografiche.

Senza troppa competizione, la classifica si è strutturata nell’ordine: 1° Lucia del comune di Bellano; 2° Lucia del comune di Vercurago; 3° Lucia del comune di Calolziocorte; 4° Lucia del comune di Oliveto Lario; 5° Lucia del comune di Olginate; 6° Lucia del comune di Garlate; 7° Lucia del comune di Pescate.

lucie segantiniQualcuno chiedeva, senza ottenere risposta, se non ci fossero quelle di Lecco e Malgrate, i paesi affacciati sul golfo di Lecco che un tempo guardavano i Batèj navigare ininterrottamente per il lago effettuando un intenso servizio di trasporto di persone e di merci. In qualche caso, nei laghi brianzoli, li si poteva trovare anche carichi di pecore, con magari sulla prua una ragazza madre in cerca di un trasporto di fortuna. Mentre il Manzoni li prese in prestito per spostare i suoi noti personaggi da un paragrafo all’altro nel 1827 (da qui “Lucie”), fu il pittore Segantini ad immortalarne la tenerezza nel 1886, e intitolò la tela, dietro suggerimento del suo fidato agente, “Ave Maria a Trasbordo”, omaggiando questa imbarcazione dalle apparenze semplici e popolari, di sacralità.

In effetti chi ieri sera le ha condotte, si è accorto di quanta precisione artigianale conservano ancora i Batèj. Castagno, abete e rovere i legni che di regola dovevano essere utilizzati per costruirli, in una misura massima di circa 5 mt in lunghezza e 2 in larghezza, per favorire l’imbarco di merci e passeggeri dove non c’erano pontili. Una barca capace di arrivare un po’ ovunque, così come ieri, dove è approdata col fascino di un cigno nel cuore dei lecchesi.

Michele Casadio