Mi è sempre piaciuta l’idea del falso nove (in spagnolo falso nueve). La trovo geniale.
Il falso nove è stato inventato dal tecnico catalano Pep Guardiola che schierò Messi in quella posizione atipica, il 2 maggio del 2009, nella partita di ritorno tra Real Madrid e Barcellona, sfida decisiva per la vittoria della Liga, vinta 2-6.
Il falso nueve è un attaccante che, pur occupando la posizione centrale dell’attacco, non gioca mai nella posizione di centravanti ma gioca indietro. Lo spazio del centroavanti classico è lasciato libero per essere sfruttato dagli esterni.
Il concetto è stato sintetizzato dallo stesso Guardiola nella sua massima famosa: “Non abbiamo bisogno di centravanti, il nostro centravanti è lo spazio”.
Esiste però anche il contrario: qualche squadra gioca invece con il doppio centravanti, che consiste nello schierare due punte centrali, pur con profilo tattico differente, per garantire maggior spinta offensiva.
La fantasia tattica non ha proprio limiti.
Recentemente ho sentito qualche commentatore esperto parlare di false ali. Io ero rimasto alle “ali tornanti”, contro risposta obbligatoria ai terzini fluidificanti, nel senso che se il terzino attacca l’ala deve tornare per difende. Ai miei tempi c’erano lo stopper, il libero, le mezz’ali, i mediani (quello famoso cantato da Ligabue), il centroavanti di sfondamento (il bomber!). Adesso, nel calcio totale moderno, tutti hanno cambiato nome.
Il portiere (il mio ruolo) è rimasto portiere, il vero numero 1, ma tanti oggi, purtroppo, usano numeri più fantasiosi perché non capiscono il valore sublime di quel numero.
Comunque, in ossequio ai principi del calcio totale, si pretende che esso, oltre a volare tra i pali e fare uscite spericolate sull’attaccante che lo punta (cose un po’ dimenticate, di sapore antico), sappia giocare bene anche con i piedi in modo che possa con eccessiva disinvoltura dribblare l’avversario al limite del suicidio.
Quindi, aspettando il nuovo “falso portiere” che giocherà fuori porta (se lo inventano in Spagna sarà portero falso), ricordo con molta nostalgia il mitico giaguaro (il mio amico Luciano Castellini), l’uomo ragno (Walter Zenga), il kamikaze (Giorgio Ghezzi, il mio idolo da bambino), il ragno nero (Fabio Cudicini) e la pantera nera (Dida).
Giorgio M. Baratelli
Chirurgo senologo
Direttore Unità di Senologia Ospedale di Gravedona (CO)
Membro Comitato Scientifico Accademia di Senologia “Umberto Veronesi”
Presidente LILT di Como