LECCO – Tutto esaurito ieri al Teatro della Società di Lecco, che apre l’interessante stagione 2016-2017 con Human (produzione Mismaonda e Sardegna Teatro), spettacolo di impegno civile. Protagonisti, Marco Baliani e Lella Costa, sempre attenti a captare i drammi e le contraddizioni del nostro tempo, che hanno unito le loro forze e sensibilità per affrontare il tema dell’emigrazione. L’intento non è quello di un ennesimo racconto sulle storie dei singoli, ma l’obiettivo è porre domande, senza la pretesa di offrire risposte, per promuovere una sorta di “autocoscienza collettiva teatralizzata”, come ha riferito Lella Costa in un’intervista.
Baliani coniuga semplicità e riflessione, il suo timbro vocale calmo e sicuro è trascinante e si eleva in slanci lirici. Più terrigna è la Costa, che interpreta personaggi scomodi e fastidiosi, nutriti di pregiudizio. Insieme a loro, quattro giovani attori rappresentano il caleidoscopio delle emozioni: paura, forza di sopravvivenza, disperazione, sogni infranti. A cornice musicale, la tromba di Paolo Fresu.
Di grande impatto visivo è la scenografia, curata da Antonio Marras. Davanti a noi si erge un pannello su cui vediamo fissati in disordine caotico, poveri abiti nelle tonalità del rosso e del nero. Questa parete verticale incombente e minacciosa rappresenta il Mar Mediterraneo, perennemente affamato di vite umane, “sudario” liquido per migliaia di innocenti.
Gli abiti, irrigiditi e zuppi di acqua e di morte, sono la cifra stilistica per un invito all’immedesimazione: provate a “mettervi nei loro panni” e a scuotere il muro dell’indifferenza e del pregiudizio. La ricca signora Tecla appare grottesca mentre si mette a sciorinare nel suo accento veneto orribili banalità: questi “negri” sono troppi, disturbano con le richieste di elemosina, parlano a voce troppo alta, sono pericolosi. Eppure anche lei ha un attimo di smarrimento quando prova a capovolgere le prospettive, immaginandosi in fuga, obbligata a dover scegliere soltanto pochi oggetti: medicine, biancheria coordinata, crema antirughe, pentola a pressione, stendibiancheria, borsetta, chiavi di casa…
Il terreno è scivoloso, ma la coppia Baliani-Costa sa come dosare la temperatura emotiva, e appena si rischia di cadere nella retorica, il quadretto di vita si spegne e il punto di vista cambia, per spiazzare nuovamente lo spettatore. Ci sono frammenti di storie tragiche: il viaggio sul barcone mentre qualcuno sottocoperta muore soffocato, una madre attraversa il deserto con il figlio stremato, i pescatori avvistano il barcone e devono decidere in fretta (aspettare le autorità o scaricare i pesci e dar posto ai migranti?), ma anche la fotografa alla ricerca dell’inquadratura “perfetta”.
Non mancano splendide pause poetiche, giocate sull’alternanza sapiente delle luci: Enea in fuga da Troia in fiamme, la Sacra Famiglia in Egitto, l’amore mitico di Ero e Leandro, separati dal braccio di mare dell’Ellesponto, che gridano: “Perché non siamo su un’unica terra se abbiamo uno stesso sentire?”.
Il titolo dello spettacolo è la parola Human con una riga di cancellatura, come se la si volesse correggere o annullare, perché il nostro mondo è sempre più distratto, stanco e “disumano”. Un dramma epico si consuma intorno alle nostre coste ma i sussulti di indignazione e intervento concreto sono effimeri. Baliani e Costa non lasciano scorciatoie di consolazione o di speranza. L’ultima battuta è una domanda che aleggia senza risposta, un colpo allo stomaco: “Come potremo noi cantare?”. E poi scrosciano a lungo gli applausi commossi.
Gilda Tentorio