LA RECENSIONE/AL SOCIALE
L’ELOGIO DELLA MENTE
FIRMATO DA LUCILLA GIAGNONI

ferocemente giagnoni (5)LECCO – Scatola, gioco, cervello, regole: sono questi gli ingredienti iniziali del dispositivo teatrale di Lucilla Giagnoni, che nel suo ultimo spettacolo (“Altri Percorsi, 21 aprile 2017) dal titolo Furiosa mente, produzione del Centro Teatrale Bresciano,ci introduce a un viaggio mentale complesso e vertiginoso.

Il percorso parte da alcune domande e dall’urgenza dell’essere qui e ora. Ad esempio, “che cos’è il teatro?“. Una scatola, uno dei rari spazi rimasti in cui è ancora possibile essere liberi e condividere la fatica di cervelli funzionanti, ma anche un gioco con le sue regole. Prima fra tutte, quella di annullare distrazioni esterne. “E allora tirate fuori i cellulari, accendeteli, fatemi una foto, fotografate il vostro vicino, fatevi un selfie. E poi spegnete!”. Sembra una battuta creata per stravolgere le aspettative, e invece la Giagnoni, con questa strategia interattiva, ha già iniziato a scoprire le sue carte: infatti la parola “scatola” tornerà più volte, a indicare la calotta cranica che protegge il cervello, una massa gelatinosa con miliardi di connessioni neuronali, capace di creare regole, giochi, orrori e meraviglie.

ferocemente giagnoni (6)La Giagnoni, accompagnata sullo sfondo da luci e animazioni video che ricreano frattali (Massimo Violato), ci invita a un percorso iniziatico strutturato su sette livelli, come nei videogiochi. Per ogni livello, una virtù, illustrata da un esempio letterario e poi spiegata. Scopo del gioco: plasmare il guerriero ideale, cioè l’uomo che deve agire e affrontare la contemporaneità globalizzata e digitalizzata, senza smarrire se stesso. La nostra identità non si può ridurre all’io virtuale di i-phone e i-pad. Occorre quindi riscoprire le immense potenzialità della mente, per prepararsi al balzo finale, quello del “salto evolutivo”.
Il guerriero dovrà anzitutto avere temperanza (livello 1), cioè capacità di misura e quindi geometria del pensiero (come l’eroe Arjuna del Baghvadgita) e la forza (livello 2), cioè la resistenza e l’energia vitale necessaria per agire, senza che essa degeneri nella ferocia, come evocato dal duello Achille-Ettore, e un brivido di orrore serpeggia fra il pubblico quando, sull’urlo di trionfo bestiale del Greco, la luce rossa cola sulla Giagnoni come un fiume di sangue.

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Il viaggio continua attraverso una folla di riferimenti letterari, che danno una luce “funzionale” alle tradizionali virtù cardinali e teologali. Virtù e virtuale, spiega la Giagnoni, sono possibilità. Ogni virtù cela la propria degenerazione, incrinature che spiegano anche i mali del mondo. Fra le tappe più felici, quelle che riguardano eroine femminili. La speranza (livello 3) è incarnata dalla guerriera Bradamante dell’Orlando Furioso. Se oggi godiamo il privilegio dell’immobilità della sincronizzazione, l’eroina di Ariosto, mai ferma, è il simbolo del desiderio che fa della speranza il carburante per andare oltre. Allo stesso modo – dice la Giagnoni – il nostro cervello non si accontenta e plasma mondi infiniti e quindi, in questa tensione verso l’oltre, spera. La poesia allora è l’espressione più forte di questa speranza, che si traduce in canto.

ferocemente giagnoni (4)Se fede (nella forza dell’immaginazione, ancorata però alla realtà) e sapienza sono necessarie (introdotte rispettivamente da Don Chischiotte e dal saggio Yoda di Star Wars), la parte più toccante è riservata ad Antigone, che rivela il fulcro della riflessione della Giagnoni. L’eroina greca è “guerriera”, perché compie un atto rivoluzionario: fare giustizia significa dare senso e, avendo cura della morte (sepoltura del fratello traditore), Antigone afferma il potere della vita. Ecco il là per l’ultima riflessione, che è in realtà “L’inizio” (livello 7) e forse la possibilità di una catarsi. Mentre sullo schermo scorrono immagini di alberi, la Giagnoni recita il Cantico delle creature di San Francesco, così moderno nel suo impasto linguistico arcaico. Ha le braccia aperte perché, come Francesco, è “contenta”, cioè contiene in sé il mondo. Se tutti noi guerrieri che abbiamo partecipato al gioco ci uniremo e praticheremo le virtù, forse riusciremo a “sentire” il mondo e a compiere il salto evolutivo per “essere cosmici”, ossia artefici di un nuovo inizio, che può ripartire dalle connessioni del nostro cervello, per una virtualità meravigliosa.

Il progetto è ambizioso. Ci sono forse alcune sbavature, snodi logici da migliorare, parentesi didascaliche da sfrondare, ma l’interpretazione fresca della Giagnoni fa dimenticare i difetti e la fatica di mantenersi concentrati. Sulla scena è uno scricciolo, ma riesce a captare l’attenzione del pubblico con l’eleganza dei movimenti (le braccia disegnano nell’aria scontri, tensione, abbracci mortali e cosmici) e la forza dirompente. Una cifra distintiva, che la fa essere così autentica e tanto amata dal suo pubblico, è l’espressione che l’accompagna nel trapasso dal personaggio a se stessa: diventa il feroce Achille o l’ingenuo Don Chisciotte, e quando rialza la testa, ha il viso aperto in un sorriso che traduce un senso di pienezza, perché forse in quella pagina di letteratura, prodotta dai misteriosi e meravigliosi circuiti sinaptici della nostra mente, è riuscita a scovare una risposta alle domande sul mondo.

Gilda Tentorio

Foto di Umberto Favretto (reperibili al sito del Centro Teatrale Bresciano)