LA LETTERA: SULLE AREE DISMESSE
PIANTIAMO BOSCHI E ORTI PUBBLICI

magni sandroLECCO – Hanno certamente ragione gli autori della lettera della ‘Cittadellaluce’ quando con mano ferma e più lucida rispetto ad altre occasioni evidenziano come il vero vincolo per questa città sia la mancanza di idee e progetti. E tuttavia a me pare che qualche osservazione possa essere fatta. Che non basti una semplice collaborazione tra pubblico e privato che sembra l’araba fenice, seppur fallimentare dell’amministrazione Brivio, è del tutto evidente, proprio osservando quello che è successo e succede per l’ex area Leuci. Che seppure vincolata a destinazione produttive, sembra opporre in una situazione di ripensamento del Piano di Governo del Territorio una nuova volontà da parte dei vertici amministrativi di essere riportata a destinazione prevalentemente edilizia, come se il generale disinteresse per gli ATU del PGT, a prevalenza residenziale, non significasse alcunché. Quanto è avvenuto, anche in passato in capo ad altre amministrazioni di questa città,ci dice che una politica organica di collaborazione pubblico e privato non si è mai realizzata neppure in ambito edilizio; laddove c’era la convenienza a speculare, per ricavarci denaro, gli interessati (le banche) attraverso i loro prestanome, hanno costruito per poterci lucrare, anche fuori dagli ATU. Oggi che paiono essersi indeboliti gli interessi a costruire, anche in ragione di una offerta di manufatti edilizi vuota e sfitta, o non acquisita, in ragione della crisi economica, ci troviamo di fronte a una città che non costruisce e non attrae. Bisognerebbe andare ben oltre una fallimentare collaborazione che non è paritetica, tra pubblico e privato, e ristabilire un primato del pubblico, con risorse, idee e progetti propri. Gli standard edilizi non devono essere un qualcosa che risulta nei fatti subordinato all’iniziativa privata. Gli standard edilizi devono invece essere l’autonoma variabile indipendente che viene posta in atto dall’iniziativa pubblica che legge i bisogni sociali della città e del suo contesto.

E qui vengono al pettine i problemi, oltre che ristabilire il primato superiore della solidarietà e razionalità pubblica (questo è il sociale), si deve prendere atto, e non a scusante di incapacità, come quelle evidenziate da questa Amministrazione, giustamente riassunte nel titolo della lettera del Comitato della “cittadellaluce”, che al di là di aspetti non certo congiunturali, perché di lungo periodo, non si vedono volontà di innovazione da parte dei privati né di perseguimento di piena o più matura occupazione sul territorio. Sembra infatti di essere in presenza anche quando c’è investimento, di una situazione di saturazione del mercato dal punto di vista occupazionale, in ragione di uno sviluppo tecnologico che sostituisce sistematicamente, le persone con macchinismi sempre più spinti e “intelligenti”. Anche in questa città e in questo territorio.

Se tutto questo è vero, oltre a richiedere di puntare e comunque valorizzare, con idee e progetti l’area ex Leuci mantenendo decisamente la sua destinazione produttiva, ci si indirizzi verso scelte non produttive e soprattutto non residenziali, per gli altri ambiti, privilegiando i bisogni ambientali o quelli sociali, con il Comune ridotato di risorse proprie. Insomma sarebbe oltremodo interessante che si comincino a sperimentare boschi urbani, non solo per una nuova cultura del tempo libero, ma l’ampliamento di una urbanizzazione neo agricola ricca di appezzamenti e di orti e giardini urbani, che vedano la cittadinanza protagonista di una nuova stagione di produzione di valore d’uso.

Ovviamente quanto detto non giustifica per niente l’osservazione del nostro borgomastro, secondo la quale tutte le aree dismesse in circolazione, debbano avere un primato rispetto alla ex Leuci. Che cosa vogliono quelli della Leuci con tutte le altre aree dismesse? Sono i più belli? La risposta è un più di idee per quell’area e un altro primato e un’altra destinazione per le altre. Sempre di un più di idee, alla fin fine, si tratta.

Alessandro Magni