INCENERITORE/SANDRO MAGNI:
“DUE MODELLI INCOMPATIBILI,
CON EQUIVOCI E AMBIGUITÀ”

VALMADRERA – Di norma, per chi è stato un po’ addentro alla riflessione sulla epistemologia scientifica moderna due modelli alternativi sono tra loro incompatibili. Uno è buono, l’altro è da rigettare. È credo esattamente il problema con cui abbiamo a che fare con i risultati conseguenti alla analisi sugli inquinanti del forno inceneritore di Valmadrera commissionati il primo dal Coordinamento Lecchese Rifiuti Zero, il secondo dai Sindaci di Silea.

Cominciamo con il cogliere alcune differenze: il primo modello quello del Coordinamento, si basa su un paradigma diffuso e consolidato, adottato a livello internazionale, e quindi condiviso e neutrale; il secondo è un paradigma ad hoc, che si presta a forti dubbi di non neutralità. Il primo ragionevolmente si limita a definire dei traccianti di inquinamento (ovvero delle aree), senza per ora dedurne gli esiti epidemiologici, ma indicando le zone, a prescindere dai confini amministrativi, tenendo soprattutto conto che le polveri inquinanti sono spinte verso l’alto dal camino e dalle forze interne all’impianto che vanno oltre il camino e da lì poi sono portate dai venti; il secondo modello quello commissionato dai Sindaci definisce una mappa “rasoterra” degli inquinanti che è molto problematica e molto diversa dal primo modello, sia nel merito delle ipotesi dei possibili inquinanti, sia perché se ne discosta non solo virtualmente, non prendendo in considerazione aree come l’Oggionese fino a Dolzago o l’Annonese, sia sottovalutando aree come il Suellese o il Civatese oltre che le aree del Pescatese e Malgratese nonché Galbiate. Un evidente errore di indagine è poi dovuto al fatto che a priori si individuano alcuni Comuni come possibili soggetti esposti al rischio. Guarda caso sono gli stessi che risultano, anche se in parte, interni alla mappa di rischio che ne risulta.

Non si può, in ogni caso e al netto di queste approssimative considerazioni, pervenire a una conclusione consolatoria e liberatoria, dicendo che non esistono “evidenze” di rischio patologico. Insomma, e in ogni caso secondo l’assunzione di tale modello, l’inceneritore farebbe “bene”, dal punto di vista degli inquinanti, ai cittadini, definiti a rischio seppur pregiudizialmente ovvero con una scelta prioritariamente faziosa.

Senza poi nemmeno preoccuparsi della presenza di un 75% in più di tumori al fegato, come se, anche ammesso e non concesso, non dovessero attribuirsi all’inceneritore. Quale allora la causa? È irrilevante “scoprire”, seppure da una indagine metodologicamente errata un dato così inquietante? Non interessa i Sindaci che hanno una responsabilità generale sulla salute dei loro cittadini? Non interessano tra l’altro i valori assoluti? 75% di quanto? Queste sono alcune considerazioni che si generano leggendo i resoconti delle due indagini. Ne emerge, già sin da ora e tuttavia che l’ipotesi, per certi versi già concludente del secondo modello, ovvero quello dei Sindaci, che il forno inceneritore non faccia bene per i suoi inquinanti, anche se in modo non “evidente” o mono causale, o diciamola in altro modo anche se l’indagine è piena di equivoci e ambiguità. Che dovrebbero portare a una conclusione se si volesse attendere (e osservare) al principio di precauzione.

Il Forno s’ha da chiudere, ora e subito, senza attendere nel migliore dei casi il 2024.

Alessandro Magni

 

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