IMMOBILIARE PERTUS, PIGAZZINI: “METTER FINE A QUESTA STORIA È IMPORTANTE”

CARENNO – La sentenza della Corte di Cassazione ai danni del Comune di Carenno, nei confronti del risarcimento all’Immobiliare del Pertus, ha una storia lunga e travagliata, che inizia nel 1969 e si sposta nei tribunali nel 1998.

Luca Pigazzini, sindaco di Carenno e quarto amministratore comunale coinvolto nella causa trentennale, ne ha raccontato i dettagli. “Innanzitutto stiamo parlando di una storia di una convenzione urbanistica iniziata nel 1969, che prevedeva la realizzazione di un insediamento di 5mila persone nei pressi della zona del Pertus. Questa convenzione fin dall’inizio ha avuto difficoltà di realizzazione e, nel 1985, lo strumento urbanistico comunale ha ridotto gli abitanti a 3300: l’Immobiliare aveva ottenuto una parte dei permessi per costruire, che però in altri casi prevedevano che la Comunità montana rilasciasse lo svincolo idrogeologico, non sempre possibile; oltre a questo, Regione Lombardia applicò nel caso specifico una norma che prevedeva la non edificabilità sopra i 1000 metri, di fatto rendendo irrealizzabile la convenzione ed eliminando la zona dalla mappatura cartografica del piano”.

“La situazione aprì di fatto un contenzioso – prosegue il sindaco – a livello amministrativo con l’immobiliare: in due gradi di giudizio, il Tar e il Consiglio di Stato, Comune e Regione vinsero, fino al 1998, quando l’immobiliare decise di intraprendere una causa civile, chiedendo un risarcimento da 20 milioni di euro per il mancato introito e i danni. In primo grado Comune e Regione vinsero il ricorso e la richiesta di risarcimento venne respinta, ma successivamente l’agenzia fece ricorso presso la Corte d’Appello, che dopo aver nominato una consulenza tecnica d’ufficio decise di quantificare le opere di urbanizzazione e rapportarle al patrimonio edilizio effettivamente realizzato rispetto ai metri cubi”.

Si giunse così al provvedimento del 2018, “nel quale la Corte d’Appello riconobbe all’immobiliare un risarcimento del danno di circa 500.000 euro, che andava attualizzato al 2017 ehm e quindi alla cifra di circa 700.000 euro. Oltre a quello, Comune e Regione avrebbero dovuto pagare anche gli interessi su questa somma dal giorno della sentenza fino al giorno in cui si fosse poi saldato il il debito. Nel 2018 ero già sindaco e, in accordo con Regione, chiedemmo alla Corte d’appello di sospendere la validità del provvedimento perché avevamo in animo di fare ricorso in Cassazione. La Corte d’appello accolse in parte quanto chiedevamo: Regione versò all’immobiliare 350.000 euro e il Comune, per metà di questa cifra, circa 180.000 euro, fece un accordo per cui la Regione avrebbe anticipato la somma e il Comune l’avrebbe restituita in dieci anni. Dal 2019 ogni anno abbiamo restituito circa 18.000 euro a Regione senza dover pagare gli interessi”.

“Contestualmente facemmo ricorso in Cassazione, che è la sentenza che è andata a svilupparsi in queste ultime settimane. In essa tutte le nostre obiezioni sulla modalità di calcolo che era stata effettuata sono state respinte; contestualmente si era costituita anche l’immobiliare, perché voleva un risarcimento più corposo di quello che gli era stato garantito in Corte d’appello. La Cassazione respinse anche tutte le osservazioni dell’immobiliare, tranne una, che è quella che sta complicando le cose, ossia che il calcolo degli interessi non deve essere fatto dal giorno della sentenza di secondo grado a quello del saldo, ma dal primo ricorso effettuato dall’immobiliare, quindi dal 1998, in termini pratici circa 250 – 300.000 euro in più, arrivando a un milione di euro circa”.

Ora si vuole capire se ci siano i margini per definire un accordo con le controparti, per valutare il metodo di calcolo degli interessi: “Per ora le stime sono distanti tra le parti per circa 150mila euro. Su questo siamo in contatto con Regione per capire se riusciamo a intavolare una trattativa per definire una cifra che eviti di dover ritornare in Corte d’Appello, perché la Corte di Cassazione ha rimandato tutto in Corte d’Appello per andare a determinare la somma. Settimana prossima dobbiamo vederci con Regione, se dovessimo riuscire ad accordarci l’intenzione che ho ed ho già condiviso con il gruppo di minoranza sarebbe di chiedere a Regione di anticipare i soldi e chiedere un piano di rientro da parte del Comune che renda sostenibile dal punto di vista economico questa spesa”.

Se non dovesse succedere, bisognerebbe definire un accordo nuovo con Regione: “Proprio per questo – continua Pigazzini – mi sto muovendo, seppur in questa fase di termine del mandato elettorale. Se la cosa non dovesse andare in porto, lo scenario più probabile è quello che si vada nuovamente in appello e si lasci decidere a un giudice l’esatto ammontare della spesa, che significherebbe ulteriori spese legali. Nel corso di questi trent’anni, infatti, il Comune ha sborsato oltre 150.000 euro di spese legali“.

“Le spese correnti del Comune di Carenno – precisa il sindaco – si aggirano circa sul milione di euro. Sostanzialmente, anche volendo togliere dal milione di euro i 350.000 euro che abbiamo già pagato restano 650.000 euro; di questi, se noi dovessimo pagarne metà, significherebbe più di un terzo del bilancio del Comune, una cosa assolutamente insostenibile per un bilancio come quello del Comune di Carenno, per cui inevitabilmente chiederemo una mano a Regione Lombardia. Visto che abbiamo già il precedente della sentenza d’appello, auspico che ci sia un’attenzione per realtà piccole come la nostra”.

“È importante mettere la parola fine a questa storia – chiude Pigazzini – perché secondo me si è fatto un errore quando si è partiti con la sottoscrizione delle convenzioni urbanistiche e ritengo che sia stato importante che l’operazione sia saltata perché altrimenti avremmo probabilmente un ecomostro sulla montagna e una situazione simile ad altre realtà a noi vicine, con una distruzione della nostra montagna. È chiaro che la salvaguardia della nostra montagna ha un aspetto economico non irrilevante che è causa di scelte errate fatte da chi a suo tempo aveva amministrato il Comune, ma penso che sia da un lato importante aver salvaguardato la montagna, dall’altro aver utilizzato questa causa per cercare di ridurre le pretese iniziali dell’Immobiliare”.

Michele Carenini