“I MIEI OMAGGI”, AL LAVELLO
LE OPERE DI ANGIOLO BARBINI

mostra barbini lavelloCALOLZIOCORTE – Angiolo Barbini, il pittore nascosto nel suo silenzio, schivo e umile, dipinge in quegli anni di riformismo della forma, che sono gli anni settanta e ottanta. Lo fa in Engadina, raccolto nella stanza offertagli dagli alberghi in cui prestava servizio come maitre. Dipinge perché lontano da Sondalo, dove fece nascere la sua famiglia, e perché i Grigioni non offrono molte alternative, specie d’inverno. Comincia lo studio della pittura di paesaggio ma senza diventare un “pittore della domenica”, ritraendo la bellezza dell’ambiente. Tutt’altro. Racconta attraverso il figurativismo una sintesi di alcuni tra gli angoli che l’ambiente alpestre gli offre ma mettendoci quell’emozione, quasi fiabesca, che sente nell’animo. E reinterpreta con stile, precisione, meticolosità, fino a illuderci di vedere un ritratto di paesaggio estratto dal vero.

??????????“Il tempo della natura è morto”. Dice qualcuno. Se così fosse, l’arte e la letteratura avrebbero i giorni contati. I quadri del Maestro Barbini sono vivi, vivissimi. Non ci si limiti ad osservarli, ma si provi ad entrarvi. Toccare le cortecce degli alberi, ruvide. Sentire il fruscio delle foglie mosse dal fresco vento autunnale. Osservare i colori vivi del bosco.L’opera di Angiolo non ci aiuta a conoscere il suo autore – per quello possiamo chiedere alla sua amata Cristina – ma ci invita a conoscere ciò che da sempre ci appartiene e che spesso passa inosservato. Perché il “tempo della natura” forse si è solamente addormentato, oppure – più probabile – siamo noi ad esserci addormentati. All’ombra di un albero. (Pierre Bonaretti, pittore)

mostra barbini lavello (9)Si cimenta nella natura morta e nei soggetti floreali ma il più della sua produzione è alpestre. Lui, che, nato ad Arezzo e cresciuto a Genova, arriva a Sondalo per curare la tubercolosi e si innamora dell’arena di vette che circondano l’alta Valtellina. Non lascerà più i suoi amati luoghi alpini. Sposa Virginia Partesana nel 1976, figlia di contadini, con la quale avrà Cristina l’anno successivo, e spesso dipinge lontano dalle sue donne ma sempre con la mente, i colori e il cuore nella sua dolce dimora ai margini del centro abitato. Quando non ha tele o tavole cerca escamotage di varia natura, supporti di ceramica, bottiglie di terracotta, stoffa. L’importante è dipingere, il supporto non conta così tanto. In mostra si ricostruisce il tavolo da lavoro con tutti gli oggetti dai quali era attorniato durante la produzione dei sui quadri e i volumi di Wood e Foster ai quali si ispirava.

mostra barbini lavello (10)Il ciclo di mostre “I miei omaggi” (saluto che lo contraddistingueva) è nato grazie a Cristina Barbini nel 2012 e ha toccato aree strategiche della zona lariana. Si ricorda in modo particolare l’allestimento presso la sala consiliare del Comune di Ballabio dove è iniziata la collaborazione col M° Riccardo Invernizzi, che col coro I vous de la Valgranda, ha accompagnato la lettura dei quadri con canti alpini e d’autore d’ispirazione popolare, scelti appositamente. Nell’edizione andata in scena sabato e domenica al Monastero di S. Maria del Lavello in Calolziocorte, è intervenuto il M° Massimo Borassi, organista e compositore, che ha introdotto nel percorso espositivo delle partiture musicali che evocano simili contesti di natura e paesaggio. Il lettore e fruitore della mostra si trovava così a contatto con due straordinari linguaggi dell’arte, musica e pittura, allo stesso tempo. Inequivocabile il rapporto. Si è letto e percepito il suono della montagna che ogni spettatore portava nel cuore.

mostra barbini lavello (4)Nella mostra si è cercato di raccontare una natura che continua poeticamente a dominare la vita nonostante i virtuosismi e le virtualità del progresso, evocando storie e immagini di una montagna incantatrice, perché come dice Carlo Geminiani: “Ogni bellezza racchiude un canto. E anche se non siamo noi i poeti, con devozione lo vogliamo narrare”.

Cristina Barbini, immersa nella memoria creativa del padre, per questa quinta edizione della mostra, ennesima prova d’amore nei suoi confronti, ringrazia Emanuela Scalzi del Monastero di S. Maria del Lavello per la preziosa collaborazione e la concessione dello spazio espositivo.

Michele Casadio