DON GIOVANNI MILANI MEDITA NELLA QUARTA DOMENICA D’AVVENTO

La centralità di tutto il racconto evangelico è ovviamente l’entrata in Gerusalemme con una cavalcata tanto particolare da mostrarsi regale ed insieme – cosa piuttosto singolare – non d’esibita arrogante signoria, invece di mitezza, in un’accoglienza partecipe della gente davvero rimarchevole, ma i testi evangelici in tutti i sinottici, non solo il nostro di Marco, danno notevole importanza all’introduzione, insolitamente ricca fin nei particolari ad attirare attenzione sulla grandiosità del gesto, quasi definitivo segno profetico del Signore Gesù. 

Ed è il Signore stesso che lo vuole preparato accuratamente, infatti: “vicini a Gerusalemme, verso Betfage e Betania, presso il monte degli ulivi”; (sono luoghi di purificazione del pellegrinaggio verso il tempio e la città santa) invia due discepoli a far preparativi (se i figli di Zebedeo che poco prima avevano chiesto di sedere con Gesù nella gloria del regno o due degli altri che se ne erano indignati, non ci è dato sapere). Hanno incarico di prendere a prestito un “puledro legato, su quale nessuno è ancora salito”: la precisazione presenta l’animale come atto al sacrificio; è “legato” e deve essere sciolto (il testo originale può essere interpretato: liberato) perché “il Signore ne ha bisogno”. Potremmo commentare, a mo’ dei Padri, che solo libero può servire al Signore. Diciamo poi che si parla genericamente di un puledro: è il primo vangelo che, richiamando Zaccaria, ce lo precisa nell’asinello, illuminando la profezia. 

I discepoli hanno inteso e contribuiscono al segno: pongono i mantelli a nobile gualdrappa sul puledro: subito sono seguiti dall’entusiasmo della folla che ne fa ulteriormente tappeto, come era stato fatto omaggio a Ieu dopo la consacrazione di Eliseo o come anche per Salomone. A Gerico, come Marco ha appena ricordato, il cieco getta il mantello, il suo tutto, per raggiungere in fretta Gesù. 

Le folle riconoscono i segni del regno e reagiscono entusiaste: “Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!”. Colgono la profezia messianica in Gesù come re che ricostruisce Israele. 

Il rapido cambiare umore di quelle stesse folle nel “crocifiggilo!” fa molto pensare anche a noi: non sono entusiasmi passeggeri che si animano attorno a Gesù, ma è la fede che ce lo fa incontrare davvero. 

Nell’Avvento ci è presentata la figura messianica del Signore e con essa il senso del messianismo, non come ricostruzione di regni d’universalità terrena, ma la salvezza che è universalmente donata alla fede da una regalità, anticamente annunciata, ma consumata sulla croce.

Is 16,1-5 Manda l’agnello 1Ts3,11-4,2 Rendete irreprensibili i vostri cuori al momento della venuta del Signore nostro Gesù. Mc 11,1-11 Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide. 

 

Don Giovanni Milani