DON GIOVANNI MILANI MEDITA NELLA DOMENICA DELL’INCARNAZIONE

Il brano evangelico che ci presenta la liturgia di questa domenica ad introdurci nel mistero natalizio ci è assai noto, ma sempre carico, ricco della parola sempre viva, nuova del Signore, specificamente ci vuole guidare innanzitutto a riflessione sulla incarnazione, sul farsi uomo di Dio in Gesù. 

Sorge in noi una sorta di senso grato che l’impensabile realtà dello scendere dalla grandezza divina per entrare nell’umano, sia mediato dalla figura limpida e sempre a noi cara della Vergine Maria: ne celebriamo, con tradizione la più antica – quella che ha radici in Efeso – la divina maternità, la prima delle feste che celebrano appunto la Madre, colei che ha generato Dio. 

Ma, anzitutto, è da leggere il misterio del farsi uomo divino – incarnazione è parola, certo di derivazione evangelica, ma rude per la nostra lingua –; è però interessante riferirci al modo che qui ci è presentato in risposta alla domanda della Vergine Maria. 

La forma è (con richiamo ad origine e insieme sorger aurorale di nuova creazione) quella appunto della creazione: per opera del soffio dello Spirito Santo e della potenza dell’Altissimo (“Lo Spirito santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra”: tu sarai libero, accogliente strumento dell’azione creatrice di Dio). 

È da notare qui che l’esprimersi evangelico deriva dalla tradizione scritturistica, non dalla mentalità pagana che esprimerebbe una fecondazione: ne è invece richiamata la potenza creatrice dello Spirito di Dio, dell’Altissimo (nell’AT il termine Spirito: רוח rûah, ricordiamo, è parola femminile). 

Il farsi uomo del Figlio di Dio Gesù (richiamiamo il catechismo di Pio X: primo mistero della nostra santa fede!), ci è presentato in una narrazione che vede delicata protagonista Maria, non nota fanciulla d’oscuro – fin disprezzato – villaggio, della Galilea, non della Giudea regale: tutto si svolge nell’impensata, imprevedibile, per noi fonte continua di meraviglia e pur santa, libertà di Dio che si rivolge a quella già impegnata fanciulla, (ἐμνηστευμένην ἀνδρὶ ᾧ ὄνομα Ἰωσὴφ, promessa sposa a un uomo di nome Giuseppe) forsanche di stirpe regale (qualche interprete attribuisce a lei, non allo sposo, la discendenza da Davide). 

In questa densa liturgia, leggiamo con animo davvero gioioso il mistero di Dio cui ci introduce la maternità grandiosa della Madonna, la grazia dolce e materna, che subito ci è istintivo sentire rivolta anche a noi; così è Maria che ci presenta il Signore che nasce nella fragile condizione di uomo, di neonato; lei che sola se ne prende cura, l’avvolge d’amore e di panni e lo offre qui a noi, all’umanità intera: ora nella tenerezza della nascita, ma perché questa fragilità bambina divenga salvezza dell’umanità a nuovo creata nel sacrificio e vittoria della sua Pasqua.

 

Don Giovanni Milani