TANTI PER DON CIOTTI A LECCO. BRIVIO C’E’, NON INTERVIENE
MA RACCOGLIE APPLAUSI

LIBERA1LECCO – Il Cineteatro Palladium a stento è riuscito a contenere il pubblico accorso alla serata “Osiamo sperare la legalità e la giustizia” con ospite e relatore Don Ciotti, fondatore di “Libera”, da sempre impegnato nella lotta per la legalità. La serata che conclude il ciclo di incontri “Un ponte nella città” ha visto la partecipazione anche di Don Angelo Cupini della Comunità Casa sul Pozzo di Via Gaggio e Paolo Cereda, coordinatore provinciale di Libera, oltre che di Luigi Adelchi Panzeri, presidente delle ACLI Provinciali di Lecco, che hanno organizzato la serata. Proprio quest’ultimo ha sottolineato la presenza silenziosa del sindaco Virginio Brivio, che ha partecipato all’incontro senza intervenire direttamente “per non interferire con le indagini in corso”. Un lungo e sentito applauso ha accompagnato il ringraziamento per questa duplice disponibilità, ad organizzare la serata, che è stata infatti patrocinata dal Comune, e ad assistervi in silenzio.

don luigi ciotti (10)L’intervento di Don Angelo Cupini ha drammaticamente riportato alla mente la strage di Chiuso in cui hanno perso la vita tre bambine, raccontando di come le persone, più che puntare il dito, abbiano reagito reinterpretando i fatti e riportandoli al loro quotidiano. L’atteggiamento di fronte al male deve essere dunque quello di indignarsi senza paralizzarsi, utilizzando l’‘intelligenza contemplativa’ per andare a fondo delle questioni. Paolo Cereda ha invece raccontato l’esperienza di Libera nel lecchese: dalla creazione di una sede territoriale a Galbiate nel 2004, alle proposte concrete di utilizzo sociale dei beni confiscati alla mafia, ai progetti di formazione alla responsabilità e corresponsabilità (come il campo di “Estate liberi” realizzato nel 2011 a Lecco). Cereda ha inoltre concluso con un breve accenno all’inchiesta Metastasi, che ha fatto emergere una zona grigia proprio nel nostro territorio, e al progetto di recupero di Wall Street, fatto con le istituzioni, Comune e Prefettura, che hanno corresponsabilità nella gestione di questi beni.

Don Luigi Ciotti, nel suo lungo e appassionato don luigi ciotti (3)discorso, si è prima di tutto dichiarato parte di un gruppo, perché solo combattendo insieme si può trasformare la ‘voglia di cambiamento’ in ‘forza di cambiamento’. Libera ha unito 1600 associazioni, perché al dì la delle etichette, trovassero la forza di lottare contro le mafie, un problema sociale e culturale prima ancora che criminale. Infatti c’è terreno fertile per questa forma di illegalità là dove c’è povertà culturale ed economica, e in Italia ci sono 6mln di persone analfabete, 5 mln in  povertà assoluta, con 7 mln di italiani che vivono il disagio lavorativo e ben 2 mln e mezzo di giovani che non studiano e lavorano.

Numerosi gli aneddoti legati alle battaglie e alle tragedie passate e presenti, lontane e vicine: dalla strage di Chiuso, a quella dei naufragi a Lampedusa, ad un naufragio ancor più preoccupante: quello delle coscienze. L’imperativo è proprio quello di non limitarsi a ‘commuoversi’ ma cominciare a ‘muoversi’, seguendo l’esempio di tanti Papi ammirevoli. A partire da Paolo VI che si è preso l’onere di continuare concilio,  proclamando una Chiesa povera, libera da ogni forma di controllo politico o economico, e profetica; a Papa Giovanni Paolo II che nella Valle dei Templi di Agrigento urlò con spontaneità la sua condanna alla mafia, toccato dall’incontro con i genitori del giudice Rosario Livatino, ucciso proprio per il suo impegno: “Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili” scriveva infatti nel suo diario. Don Ciotti ha ricordato anche Papa Francesco, incontrato il 21 Marzo scorso in occasione della messa celebrata per le vittime di mafia e dei loro famigliari, tra cui anche la figlia di Lea Garofalo, Denise. In quell’occasione il Santo Padre ha voluto “condividere la speranza che il senso di responsabilità piano piano in tutto il mondo vinca la corruzione” ringraziando le famiglie della loro testimonianza e pregando con loro. Infine però si è rivolto anche ai protagonisti assenti: i mafiosi implorandoli di convertirsi per il loro bene. Tra quei mafiosi anche il pentito Francesco Marino Mannoia che nel ’93 rivelò all’FBI, che la chiesa non era più intoccabile e ‘gli uomini d’onore’ avevano cominciato a mandare ‘messaggi’ ai sacerdoti perché non interferissero con i loro affari: così hanno perso la vita Don Pino Puglisi, Don Peppino Diana, Don Cesare Boschin e tanti altri.
Don Ciotti ha infine ricordato anche Carlo Maria Martini, il vescovo che nel ’84 spiazzò tutti, saldando Chiesa e cielo, nella definizione di tre tipi di peste: la solitudine, la violenza e la corruzione. Le sue parole sono la fotografia della realtà attuale, ancora permeata dalla corruzione bianca, che costa all’Italia dai 5-6 miliardi l’anno, ed è un viatico per le mafie:

don luigi ciottiNon si può essere cittadini ad intermittenza: democrazia e partecipazione sono due modi per dire cittadinanza. Bisogna essere corresponsabili all’interno dei nostri territori: è in atto un furto di parole, tutti dicono noi, ma tanti pensano io! La democrazia si fonda su giustizia e dignità umana, ma la terza gamba che la sostiene è la responsabilità che va vissuta in primis da noi prima di chiederla alle istituzioni. Il problema più grave non è chi fa il male ma quanti guardano e lasciano fare: un quarto dei cittadini europei pensa che sia accettabile fare un favore in cambio di  qualcosa da parte della pubblica amministrazione, in Italia il 97 per cento dei cittadini pensa che la corruzione nel nostro paese sia molto diffusa: le vittime della mafia sono anche queste, i ‘morti vivi’ che non hanno speranza in un mondo diverso! Vi chiedo, in ginocchio, di farvi un esame di coscienza e passare all’azione, vi imploro come sacerdote e cittadino.”

Già, perché Don Ciotti lo ha dichiarato apertamente: il suo riferimento, dopo il Vangelo, è la Costituzione, e quella accomuna proprio tutti quanti gli italiani.

 Chiara Vassena