DEMOCRAZIA E POPULISMO:
LA SITUAZIONE POST-REFERENDUM
CON IL MAGISTRATO LIVIO PEPINO

pepino 1LECCO – Dopo la vittoria del No al referendum costituzionale del 4 dicembre, tante sono le questioni rimaste aperte, dalla legge elettorale, alla situazione politica, al senso dei comitati nati a decine durante la campagna elettorale. Per affrontare tutte queste questioni ieri sera il Comitato lecchese del coordinamento democrazia costituzionale ha invitato al centro sociale Pertini di Germanedo Livio Pepino, già magistrato, membro del Csm e della Cassazione.

“Il 4 dicembre è stato una sorta di spartiacque e nelle decine di dibattiti fatti prima del voto, una delle domande più frequenti era: cosa succederà dopo se vince il no? – ricorda Pepino – Dopo il 4 dicembre è emersa con chiarezza una cosa: ci sono due concezioni diverse su quello che è il sistema democratico: la democrazia rappresentativa, secondo cui il Parlamento deve essere una ‘carta geografica del Paese’ e rappresentarne i diversi interessi e idee, e la democrazia di investitura. Secondo questo modello le elezioni non servono per costituire una rappresentanza fedele del paese ma per individuare chi governerà il Paese negli anni successivi“.

pepinoQueste, secondo il magistrato, sono le prospettive che caratterizzano l’Italia e l’Occidente in generale e che stanno all’origine di fenomeni allarmanti. “Pensiamo all’elezioni di Trump: l’astensione è stata altissima e nella classe di reddito più bassa ha votato meno del 20 per cento. La democrazia da governo dei più è diventata il governo dei meno. I cittadini non vedono rappresentati i propri interessi e nelle zone un tempo industrializzate c’è stata un’inversione totale dell’orientamento di voto. È qualcosa di più del voto di protesta, è – per dirla con un’espressione di Marco Revelli – un ‘voto di vendetta’ e questa situazione si sta diffondendo sempre di più”.

“Questo recide in maniera definitiva il sistema della rappresentanza – sostiene Pepino –. Ma questa tendenza, si dice, è determinata da esigenze di governabilità, liquidando come inciucio un sistema di intese e compromessi, che non è una cosa da demonizzare ma è una cosa necessaria in una società complessa. L’insistere sulla rappresentanza non impedisce l’instaurarsi di un governo stabile, basti pensare al caso della Germania, dove c’è un sistema proporzionale, e sono stati tre mesi senza governo prima di fare la ‘Grande coalizione’: se un Paese è spaccato bisogna prenderne atto e non comportarsi come se non lo fosse“.

Un ulteriore elemento di riflessione sviscerato ieri sera riguarda uno dei termini attualmente più usati: populismo. “Ci sono due tipi di populismo: uno dal basso che è assimilabile a movimenti come il Front national in Francia, ma c’è anche un populismo dall’alto che caratterizza la maggior parte dei governanti europei, i quali sono fautori di un modello per cui non c’è un governo del popolo ma per il popolo, un modello che che prevede un rapporto diretto del capo con il popolo senza istituzioni intermedie come il partito, un rapporto mediatico diretto con l’opinione pubblica e la presenza costante della figura del nemico”.

pepino 3Di fronte ad un quadro del genere la domanda che sorge spontanea è “Che fare? Come uscirne?”. “Bisogna cogliere che c’è una crisi, una crisi profonda, che si articola in due modi: esiste un problema forte sottostante alle forze politiche che riguarda il modello di sviluppo e c’è bisogno di un modo di fare politica in maniera radicalmente diversa. C’è una forte e generalizzata crisi politica che si concretizza nella mancanza di credibilità della politica. Se non si riparte da qui la situazione difficilmente si sblocca e tutto questo rischia di farci oscillare tra populismo dal basso e populismi dall’alto che cavalcano il modello della governabilità”, sostiene il magistrato.

Inevitabile affrontare il tema della legge elettorale: “Io sono per un sistema proporzionale – spiega Pepino – la cosa migliore sarebbe ragionare sul modello tedesco, ma quello che mi sembra è che ciascuno stia ragionando nel modo sbagliato: la legge elettorale dovrebbe essere fatta a prescindere dall’orientamento degli elettori, mentre qui si fa l’opposto. E non ne viene mai fuori una cosa buona se si cerca di seguire un’esigenza contingente“.

 

Manuela Valsecchi