DEDICATA ALLE VITTIME DEL COVID LA PIAZZA DEL CIMITERO DI CALOLZIO

CALOLZIOCORTE – La mattinata di lunedì 25 marzo è stata l’occasione per dedicare il piazzale del cimitero di Via Padri Serviti alle vittime dell’epidemia di Covid.

Con l’accompagnamento del coro della scuola “Manzoni”, diretto dal maestro Alberto Sgrò, le istituzioni hanno voluto esprimere collettivamente il ricordo di quei momenti così difficili per la comunità.

La pandemia, che ha duramente colpito il territorio calolziese, è stata ricordata nelle parole di Fabio Bonaiti, recitato dall’assessore Tina Balossi.

Si è unito al ricordo il sindaco Marco Ghezzi: “In questo periodo mi sembra di avvertire che la gente comincia a dimenticare, è importante che tutti noi ricordiamo le vittime. Io ricordo che, allo scoppio della pandemia, ero sindaco da poco tempo, quindi mi sono trovato in grandissima difficoltà a risolvere problemi come quello delle mascherine. La gravissima situazione ha anche messo in luce alcune problematiche e carenze nell’organizzazione; spero che questo sia da esempio per il futuro e che non si presentino più situazioni analoghe. Voglio ricordare tutti quelli che ci hanno dato una mano in quel momento davvero difficile, quando seduto sulla scrivania con nessuno in comune e non sapendo chi chiamare, sono stati gli unici che ci hanno dato una mano: in particolare la Protezione civile, che ha consegnato pacchi, medicinali, trasportato persone, ma anche i volontari del soccorso, i carabinieri in congedo, gli alpini marinai, gli alpini, la Caritas in coordinamento con associazioni come Spazio Condiviso, il Gabbiano, L’altra via e i medici della Cooperativa Cosma”.

La parola è poi passata al direttore della Rsa Casa Madonna della Fiducia, Ivano Venturini: “Un pensiero va alle persone che ci hanno lasciato e, da gestore dei servizi sanitari, ai professionisti e a tutte le forze di volontariato che sono state vicino a queste persone. Detto questo è giusto il ricordo di questi eventi, però non vorrei ancorarmi alla narrazione su cosa è stato il Covid. È giunto il momento di iniziare a parlare di quel che ci ha insegnato l’esperienza della pandemia. La scienza ha fatto il suo corso, ha dato le sue spiegazioni, definendoci ora “post-pandemici”: ma in questa fase di transizione, un segnale netto della fine non c’è quasi mai. Rimangono tre cose: la fine di ciò che era, l’incertezza di ciò che è, la speranza di ciò che sarà. Sono tre sensazioni decisamente diverse, eppure convivono alternandosi nella nostra continuità, tra quello che è noto, ignoto, e quello che è desiderato. Guardo gli studenti presenti questa mattina e guardo la bellezza della loro giovinezza; sono convinto che l’umanità abbia questa incredibile capacità di resilienza, di apprendimento e di adattamento. La generazione Covid, che è composta da tutti noi, qualunque età abbiamo, ha il compito storico di imparare da quel che ci è successo e di stabilire una nuova rotta con l’opportunità unica di tracciare scelte sanitarie, sociali ed umane completamente diverse dalle precedenti. Facendo questo, ci permetterà di chiamarci comunità coesa in tutti i suoi campi”.

La dottoressa Maria Beatrice Stasi, madrina della cerimonia, residente a Calolziocorte da 40 anni, ha voluto ricordare gli anni passati alla guida dell’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo, prima della pensione lo scorso anno: “Ricordo in particolare la solitudine, in un ospedale dove siamo stati colti di sorpresa da una malattia che non conoscevamo e l’abbiamo combattuta a lungo; quando mi sono ammalata, ho svolto il mio lavoro da casa, con amici che mi lasciavano la spesa sullo zerbino e ho avuto la responsabilità di un evento sconosciuto in un ospedale con 4.600 dipendenti e 600-700 malati di Covid, tra la solitudine, lo stress e l’ansia. Ai giovani voglio dire “abbiate carattere”, perché in alcune situazioni non potrete tirarvi indietro e lasciar fare agli altri, ma dovrete avere coraggio”.

Stasi ha voluto “ricordare i caduti, ad opera di un virus che, nelle difficoltà, ci ha anche portati a fare molta ricerca, curare più di 7000 pazienti in cinque ondate epidemiche e somministrare 650mila vaccini. È importante investire in salute e sostenere i sanitari, perché il lavoro in ospedale è il più bello del mondo, che spero molti giovani qui presenti vorranno fare”.

Il ricordo del Covid è stato espresso anche dagli studenti dell’istituto Rota, in un discorso che ha abbracciato l’allontanamento dalla vita sociale, l’insicurezza, la paura e la solitudine, oltre al ruolo dei social nella difficile ripresa dei rapporti umani.

La targa all’ingresso del cimitero è stata poi scoperta da Stasi e dal sindaco Ghezzi e benedetta dal parroco don Antonio Vitali, con la conclusione della cerimonia affidata al coro della scuola “Manzoni” e alla loro versione del brano “Supereroi” di Mr. Rain.

Michele Carenini