LECCO – Lavorava in un’azienda di pulizie, al fallimento ha chiesto la Naspi, ma non le spettava. Così una 50enne egiziana, all’epoca dei fatti – 2018 – residente nel Lecchese, è finita a processo per truffa ai danni dello Stato. Motivo: la ditta per cui lavorava era fittizia, non aveva una sede e non era registrata nel registro delle imprese.
Oggi la 50enne, assistita dall’avvocato Beatrice Rota, è finita davanti al giudice monocratico Angelo Parisi. Sono stati ricostruiti i fatti, l’avvocato Rota ha chiesto il proscioglimento della 50enne che ha percepito il compenso per l’attività svolta, pagato regolarmente le tasse ed era all’oscuro che si trattasse di una ditta individuale fittizia. Il Vpo Pietro Bassi si è opposto e il giudice Parisi ha aggiornato l’udienza per il dibattimento.
Su questo e altri processi che vengono celebrati in queste settimane a Lecco, serve una riflessione: la donna a processo avrebbe truffato, secondo la Procura, tremila euro allo Stato con la Naspi nel 2018. Ci sono state indagini, poi l’udienza preliminare e infine oggi si è aperto il processo davanti al giudice monocratico Angelo Parisi. Prima domanda: quanto costa questo processo per un presunto reato di 3mila euro? Seconda domanda: perché ci sono voluti sei anni ad arrivare a processo?
E per fortuna c’è chi invoca la Cartabia come toccasana dei mali della giustizia.
A.Pa.