CGIL: POSTE CONDANNATE
MA LA DIPENDENTE “CONTINUA
A ESSERE DISCRIMINATA”

poste logoLECCO – Poste italiane spa non starebbe rispettando la sentenza della Corte d’Appello del tribunale di Milano sezione Lavoro. Questo è il risultato dell’assegnazione della titolarità di zona effettuato presso il Cpd di Barzanò l’8 giugno 2016 in presenza del direttore Carmelo Tudino e della responsabile Ram 3 Ivana Campiglio.

“Una lavoratrice portalettere di provata professionalità ed esperienza ultradecennale – così la descrivono i rappresentanti di categoria -, si è vista respinta dalla società Poste italiane spa in più occasioni negli scorsi anni la titolarità di zona, un riconoscimento che per legge dovrebbe decorrere a fronte di criteri oggettivi quali l’anzianità di servizio, e veniva destinata a ricoprire ruoli discontinui umiliandola in differenti occasioni”.

La società è stata redarguita per il suo atteggiamento discriminante e al silenzio immotivato dell’azienda la lavoratrice per il tramite della Slc Cgil di Lecco e dell’ufficio Vertenze legali ha aperto un contenzioso patrocinato dall’avvocato Paolo Baio che è sfociato nella sentenza del 22 marzo del 2016 che recita:Si dichiara il diritto della lavoratrice ad essere riconosciuta titolare assegnataria della zona di recapito […] e si condanna Poste italiane spa ad attribuite alla stessa la predetta zona”, condannando la società alla rifusione delle spese oltre agli oneri di legge.

tribunale sentenza“Alla sentenza è seguita la richiesta alla lavoratrice di presentarsi al Cpd di Barzanò per l’assegnazione delle titolarità di zona. Tuttavia in quell’occasione la lavoratrice si è vista respinta l’assegnazione. La responsabile della Ram 3 di Milano, Ivana Campiglio, ha motivato il fatto sulla base di un presunto vademecum aziendale, carta che tuttavia risulterebbe sconosciuta alla stragrande maggioranza dei dipendenti della società, che avrebbe imposto una scelta predeterminata dell’Ufficio industriale di Poste italiane spa che non le avrebbe lasciato margine di manovra”.

“È paradossale che una delle principali società italiane a partecipazione pubblica – proseguono i sindacalisti – non riconosca una sentenza della Corte d’Appello di Milano e continui a far perdurare un contenzioso che porterà ad un aggravio di spese alla sociee di riflesso alla collettività, oltre a far emergere un esempio di scorrettezza e mortificazione nei confronti di una lavoratrice che ha sempre svolto con impegno e dedizione il proprio ruolo lavorativo”.

La Sic Cgil di Lecco promuoverà le azioni legali più consone atte a rendere giustizia alla lavoratrice riservandosi di procedere penalmente nei confronti della società stessa per la gravosità del comportamento fino ad oggi tenuto .