LECCO – Venerdì 3 novembre alle 9:30, presso lo Spazio Teatro Invito di Lecco, CGIL Lecco, FLC CGIL Lecco e Associazione Pio Galli promuovono la messa in scena dello spettacolo teatrale ‘Nato senza camicia. Giuseppe Di Vittorio ieri, oggi e domani’, per ricordare la figura del grande sindacalista pugliese scomparso il 3 novembre 1957 proprio a Lecco, dove era giunto a inaugurare la Camera del Lavoro.
La rappresentazione è rivolta agli istituti scolastici superiori e in particolar modo alle classi quinte, che nei loro programmi didattici affrontano la storia del movimento operaio, dalle prime società di mutuo soccorso nell’Ottocento al consolidamento delle organizzazioni sindacali di massa nel Novecento.
Il protagonista della pièce è Mario Melandri, interpretato dall’attore Carlo Albè, giovane sindacalista che cerca di avvicinare al sindacato lavoratrici e lavoratori che, inseriti in un mondo del lavoro frammentato come è quello in cui viviamo oggi, sono soli, isolati, lontani da un’organizzazione che spesso nemmeno conoscono. Lo fa raccontando loro le gesta e la storia umana di Giuseppe Di Vittorio, primo segretario generale della CGIL dopo il fascismo, bracciante già a 10 anni per sostituire il padre morto in un incidente sul lavoro. Un ragazzino diventato uomo in fretta in una terra, la Puglia, dove ancora prosperavano i latifondi, l’analfabetismo era diffusissimo e lo sfruttamento una realtà quotidiana. Una società in apparenza molto diversa da quella odierna; eppure, siamo sicuri che i corrieri di Amazon, i rider che consegnano cibo sotto il diluvio, i lavoratori dei call center, le badanti, i precari di ogni settore non siano anch’essi ‘nati senza camicia’?
Questo spettacolo parla alle studentesse e agli studenti perché permette di approfondire la vita di un uomo che ha attraversato i grandi avvenimenti storici del secolo scorso (le guerre mondiali, il biennio rosso, il ventennio fascista, la Resistenza, il consolidamento della democrazia parlamentare), e al contempo mette a confronto il mondo del lavoro passato con la realtà attuale, provando a soffermarsi sugli ‘sfruttati 2.0’. Ha poi il pregio di lasciare gli spettatori con una domanda, l’unica che vale sempre la pena di porsi: cosa dobbiamo fare per cambiare davvero le cose?