A ROMA CON LA MINORANZA DEM:
LE RIFLESSIONI DI CASTELNOVO
VICESEGRETARIO DEI GD LECCHESI

michele-castelnovoROMA – Oggi nella capitale la minoranza del Partito democratico si è riunita al Teatro Vittoria, all’iniziativa hanno partecipato tesserati da tutta Italia, tra i lecchesi anche Michele Castelnovo, vicesegretario provinciale dei Giovani Democratici di Lecco.

Pubblichiamo la sua riflessione.

Quando più di due settimane fa ho comprato i biglietti per Roma, mai mi sarei aspettato quello che è successo nei giorni successivi. Ero convinto che avrei partecipato a una convention dei sostenitori della candidatura di Enrico Rossi a segretario del PD, ma poi gli eventi sono precipitati, soprattutto negli ultimi giorni dopo la direzione del Partito dello scorso lunedì. Così c’era il concreto rischio che l’appuntamento di oggi, 18 febbraio, al Teatro Vittoria di Roma si trasformasse nel momento dell’annuncio della scissione del Partito Democratico.

Da quando posso votare, cioè dal 2010, ho sempre votato Partito Democratico. Sono uno dei cosiddetti “nativi democratici”: elettoralmente e politicamente sono nato con il PD, un partito che doveva rappresentare la fusione di due grandi culture politiche – quella cristiano-sociale e quella post-comunista – ma che negli anni si è ridotto a essere un campo di combattimento tra leader e correnti. Io mi definisco con orgoglio un socialista democratico, non rinnego ma anzi rivendico i miei studi universitari di Marx e di Gramsci. Appartengo a pieno titolo alla cosiddetta “minoranza dem” e non è stato facile vivere nel PD in questi ultimi anni. Eppure resto convinto che la scissione non sia un’opzione.

Nella giornata di oggi la minoranza ha dato importanti segnali di apertura a Renzi. Non si è parlato di regole, ma di contenuti. Si è parlato di lotta alle diseguaglianze che ormai hanno raggiunto livelli insostenibili, si è parlato di promuovere e sostenere le imprese che investono e creano lavoro e di lottare contro il capitalismo parassitario, si è parlato di lavoro, di scuola, di legalità. Temi che, nell’asfittico dibattito in casa dem, erano completamente finiti in soffitta. Chi si aspettava una discussione sulle date del congresso è rimasto deluso. Anzi, la minoranza ha accolto la proposta di mediazione del ministro Andrea Orlando che prevede che si tenga una conferenza programmatica, incentrata appunto sui contenuti, prima delle primarie.

Ora la mossa sta a Renzi. Come ha detto Graziano Delrio, uno dei suoi fedelissimi, la responsabilità di tenere unito il partito sta al segretario e alla maggioranza. A lui la scelta allora di accettare la mediazione e di intavolare una discussione vera, seria, anche aspra se necessario, sui contenuti. La leadership viene dopo. Prima le idee.

Il PD ha tanti difetti, senz’altro, eppure è anche l’unico tentativo serio (e riuscito) di creare una grande forza di centro-sinistra al governo. È nell’interesse di tutti che il PD non deve scindersi, ma è soprattutto nell’interesse dei militanti che fanno vivere il partito sul territorio, dei giovani che rapppresentano quei “nativi democratici” di cui c’è disperatamente bisogno, di chi, a vario titolo, spende gratuitamente il proprio tempo con impegno e sacrificio, ricevendo magari anche insulti e sfottò per questo.