CALOLZIOCORTE – Classe 1924, 100 anni compiuti il 15 luglio tra l’affetto e l’amore della sua famiglia e tantissimi amici e conoscenti: ieri è stata una festa per Luigi Bolis. Presente anche il gruppo di musicisti “Gabriele e i suoi Amici” di cui fa parte il nipote Dario, che ha contribuito ad allietare la giornata con musiche d’altri tempi, come solitamente fanno in occasione di questi festeggiamenti anche nelle strutture per anziani.
Nonno Luigi ha apprezzato molto la visita dei musicisti che hanno suonato, dietro sua richiesta, diverse canzoni… che lui ha accompagnato con gesti e parole. Con particolare emozione ha chiesto la canzone di Beniamino Gigli “Mamma son tanto felice” perché ci ha confessato: “Questa è la mia canzone, la più importante”. Lui non ha certo dimenticato il gesto d’amore che la sua mamma prima di arruolarsi gli ha fatto: “A mia insaputa ha cucito all’interno della maglia l’immagine della Madonna e sono sicuro che proprio grazie a questa Madonnina io mi sono salvato dai pericoli della guerra”. Un’importante ricorrenza a cui si è unita anche l’amministrazione comunale con l’assessore alle Politiche Sociali Tina Balossi che ha fatto visita al centenario.
Luigi Bolis da generazioni abita a Rossino, è conosciuto da tutti come “Luisì dela Roca“, (la rocca di Somasca) soprannome che ricorda la provenienza della mamma Vittoria.
Uomo dal forte carattere, fermo nelle proprie convinzioni, grande forza interiore per non mollare mai e per affrontare le avversità della vita, a volte burbero e poco incline a piacere a tutti, selettivo nelle amicizie, abituato più a fare che a parlare Luigi rappresenta bene gli uomini della sua generazione. Vedovo dal 2012 nella sua lunga esistenza ha avuto tre figli: Giovanna, Giuseppe e Renato, 20 nipoti e 6 pronipoti di cui va fiero. Ora vive nella sua casa col figlio Renato che lo accudisce e lo tiene allegro suonando la chitarra.
È cresciuto in una famiglia numerosa di sette figli, in una casa colonica di quattro locali e una grande cantina dove papà Clemente produceva del buon vino. La mamma era una donna molto severa e autoritaria, attenta a far quadrare il bilancio; i soldi del papà, che lavorava alla Pirelli a Calolziocorte, venivano spesi per i beni di prima necessità.
Ricorda che “l’unica spesa extra era la benzina per il mio motorino, che usavo per andare a lavorare“. Fin da piccolo aiutava il padre nei lavori nell’orto e nel grande frutteto.
Nei suoi ricordi c’è un’infanzia serena con momenti di svago passati all’oratorio con gli amici a giocare ai birilli, alle bocce, al pallone e alle carte, passione che conserverà per tutta la sua vita e che lo porterà a vincere la medaglia d’oro al campionato lecchese di scopa liscia nel 1950. Ricorda anche l’impegno del “sabato fascista” al Lavello dove si svolgevano attività di addestramento.
Ha frequentato la scuola elementare, amava l’attività di matematica, per il resto dice: “Ero un po’ indisciplinato”. Il maestro era lo zio Lorenzo, “una persona burbera, severa e tremendo nel far rispettare la disciplina”. Il suo percorso scolastico finisce alla quarta elementare.
All’età di undici anni inizia a lavorare in una fabbrichetta di bottoni al Tovo di Calolzio e il suo stipendio veniva dato ai genitori per provvedere alla famiglia.
Dopo alcuni anni intraprende l’attività di muratore, lavorerà in diversi cantieri, anche in Svizzera.
A 30 anni sposa Fulviana che aveva conosciuto al Teatro di Rossino, la festa di nozze era stata organizzata all’albergo “Annunciata” di Rossino.
Ha buona memoria, nonno Luigi, e ripercorre con precisione gli avvenimenti passati, sia quelli tristi che quelli sereni.
“Mi hanno arruolato nella regia marina nel Reparto S. Marco e, dopo essere stato tradotto in Germania, a Grafenwohr per l’addestramento sono stato stanziato col mio reparto lungo le coste liguri. Anni di miseria e distruzione. Ho visto tanti morti, compagni ammazzati… Niente è peggio della guerra e chi l’ha vissuta non la dimentica più“.
Che desiderio ha oggi nonno Luigi?
“Arrivato a questa età – risponde – mi basta riuscire a sopportare gli acciacchi, non ho paura della morte, quando ero giovane l’ho vista diverse volte, ma l’ho sempre scampata bella. La fede e la preghiera alla Madonna e a S. Girolamo mi hanno dato sempre conforto. Spero che anche i giovani d’oggi possano trovare sostegno e conforto nella fede perché stanno vivendo in un mondo bello, ma difficile”.
M. C.