7 MARZO 1944, 72 ANNI DOPO
LA CITTÀ RICORDA I DEPORTATI
PER GLI SCIOPERI ANTIFASCISTI

cerimonia 7 marzo 2016 03LECCO – Sono trascorsi 72 anni da quel 7 marzo 1944, quando 26 giovani operai lecchesi vennero deportati per aver rivendicato il proprio diritto di scioperare.

La memoria ai deportati è stata celebrata quest’oggi con una cerimonia solenne, iniziata con la S. Messa nella chiesa di Castello, a cui è seguito il corteo con le autorità e i membri di ANPI, CGIL, CISL e UIL di Lecco verso Parco 7 marzo in Corso Matteotti e la lapide affissa in via Castagnera, all’entrata dell’attuale istituto G. Bertacchi, ex ditta Rocco Bonaiti, dalla quale partirono 22 dei 26 lavoratori deportati.

cerimonia 7 marzo 2016 07Il corteo, nel quale si sono radunate le autorità, tra cui il primo cittadino Virginio Brivio, la vice questore vicario Domenica Vassallo, il prefetto Liliana Baccari, monsignor Cecchin, Giancarla Pessin per l’ANPI Lecco, il deputato Gian Mario Fragomeli e la direttrice dell’istituto circondariale di Pescarenico Antonella Donofrio e alcuni studenti degli istituti Marco Polo di Colico, G. Bertacchi, Medardo Rosso e Fiocchi, è poi proseguito per il “Viaggio per la memoria 2016” nell’aula magna dell’ex Bovara, allietato dagli studenti del liceo musicale G. B. Grassi.

Il delegato dal dirigente scolastico dell’Istituto Bertacchi, Maddalena Esposito, invita i partecipanti alla cerimonia di commemorazione, ricordando quanto questo istituto detenga e sia custode di una memoria importante, sicché “non ci può essere futuro senza memoria e bisogna sbarrare le strade che conducono al baratro, non limitandosi alla cristallizzazione di simili fatti nei testi, ma fornendo agli adulti di domani strumenti per comprendere”.

cerimonia 7 marzo 2016 17A tal proposito il sentito contributo del superstite alla deportazione del 1944, Pino Galbani, uno dei 26 operai lecchesi strappati dalle proprie case per aver perseguito un ideale, è stato sintomo di grande commozione nel pubblico e ha omaggiato i partecipanti di un contributo unico ed irripetibile, il ricordo di un martire lecchese, premiato dalla grande accoglienza della platea.

“Sono passati 72 anni, ma sembra tutto così recente, tanto è limpido il ricordo di quel martedì mattina…” è così che ha inizio il toccante racconto dell’esperienza di Galbani e dei fatti che hanno contrassegnato la sua deportazione. L’espatrio ha preso avvio per uno sciopero antifascista, accolto come pretesto dalle camicie nere per allontanare i 26 operai e i loro colleghi di Bergamo, Como e Milano. Oltre mille persone avevano partecipato a quello sciopero e vennero fatti sfilare per le città come animali.

Molti i ricordi di Pino, dalle domeniche nel lager a cercare i suoi compagni, i quali si dimezzavano di settimana in settimana; alle patate rubate e poi cotte nell’urina calda pur di cibarsi di qualcosa; alle tre sigarette ritrovate, unico sfizio che si riuscirono a concedere, e infine la tanto agognata liberazione.

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“10.000 persone strette tra di loro per scaldarsi, in attesa della libertà o della morte. Quale che fosse stata la prima ad arrivare, l’avrebbero accettata” fu così l’attesa della bandiera americana, che giunse un giorno alle 17.30.

La gioia, spiega Pino Galbani, venne presto soppressa dal dolore della solitudine, “non avevo nessun compagno con cui condividere la mia gioia e ben presto anche l’odio, pienamente giustificato, di cui mi ero cibato in quei mesi, mi assalì”.

La voglia di vendetta passò e con i 33kg restanti del suo corpo capì che la guerra a nulla serve, se non a creare odio e “solo quando i popoli saranno amici potremo avere pace”.

Martina Panzeri