ANEGUNDI (INDIA) – In India, di tutto ciò che è vero, è vero anche il contrario. È a questo che devono aver pensato gli abitanti di Anegundi – villaggio del Karnataka immerso tra templi patrimonio UNESCO e risaie – consci della poca ricettività turistica del proprio paese, quando si sono trovati 16 italiani a lavorare nelle loro risaie a fianco delle mondine, a tal punto da elogiarne le gesta sul quotidiano locale in lingua Kannada.
16 italiani provenienti da Lecco, Bergamo, Brescia, Milano, Cremona e Torino, che hanno portato il proprio spirito di iniziativa e la voglia di scoprire nel loro “Southern India Tour 2016” organizzato dall’associazione no profit Soste. Quasi un mese di viaggio alla scoperta dei templi più remoti, della convivenza tra natura selvaggia e rigogliosa da un lato e steppe aride dall’altro.
Confidenti nella calura e nella scarsità di piogge si sono ritrovati invece a far fronte ad una lunga serie di acquazzoni, tra cui quello in bicicletta per le risaie di Anegundi. Tutto il contrario di tutto, come quando hanno richiesto piatti ‘no spicy’ per poi ritrovarsi il solito pungente speziato indiano. Come a Mamallapuram dove hanno imparato a leggere nei visi dei bambini la voglia di diventare grandi, constatando la propria irrefrenabile voglia di tornare piccoli.
In India le donne sono un caso a parte, un mondo e una cultura da capire. Gli sguardi dei locali però non lasciano spazio all’immaginazione: la cultura detta regole di chiusura e al contempo il desiderio di riflettersi nell’apertura occidentale. Anche se è scorretto parlare di Oriente e Occidente, perché non sono altro che creazioni umane. Anche se dall’altra parte del mondo, il mondo è lo stesso. La vita cambia, ma ogni notte splendono le medesime stelle. Sentirsi a casa, seppur così lontani, è sintomo della relatività della condizione di casa. Una vacanza con tante mete, da Bangalore a Kochi, in cui anche gli spostamenti sono stati parte integrante del percorso, dove valorizzare i tuktuk e le eterne attese per i treni notturni, oltre al traffico imperante, con una sola filosofia alla base: l’obiettivo non è solo la meta, perchè il tragitto ne conserva la spiritualità.
A proposito di spiriti, impossibile non restare affascinati dall’inebriante poliedricità delle divinità hindu, innumerevoli e impossibili da quantificare, soprattutto rapportate alla nostra concezione monoteista di religione. Opposti che si intersecano nell’idea più affascinante del credo induista: la visione ciclica della realtà, in cui tutto va e tutto torna, manifestandosi sempre in modi diversi. 16 ragazzi che si sono avventurati e che forse, ritorneranno, in altre vesti o in altri spazi.
Le mondine sono un esempio del valore della tradizione, seppur non abbiano negato la repulsione per la goffaggine dei loro 16 aiutanti, né tantomeno il disprezzo per l’utilizzo della mano sinistra – solitamente considerata dai popoli hindu come impura, – hanno dato prova di estrema velocità, ovviamente se paragonata alla lena italiana nel disporre in file geometriche i fili di riso per la piantagione, e soprattutto fiducia nel proprio operato.
“La visita alle risaie e la collaborazione con le mondine – spiega il presidente di Soste, Stefano Caldirola – fa parte di un tentativo di dare un’esperienza in India che vada oltre il turismo, che arricchisca i partecipanti mettendoli a conoscenza di nuove realtà”.
Velocità e geometrie naturali di colori che si scindono con la tipica calma e sconsiderata pace degli indiani. La ricerca del colore da Kochi a Bangalore, per poi comprendere che sarà una caccia ciclica, differente e uguale in ogni paese del mondo.
Martina Panzeri