LECCO – Una storia di innovazione clinica e tecnologica quella dell’Ospedale di Lecco che celebra, con l’acquisizione del nuovo sistema da Vinci Xi, un traguardo importante: dieci anni di chirurgia robotica che accreditano il centro come punto di riferimento di eccellenza per tutto il territorio.
Si segna così un altro passo importante nel percorso dell’Ospedale di Lecco con l’introduzione del sistema da Vinci Xi, la piattaforma robotica di ultima generazione, emblema della precisione e dell’efficacia in sala operatoria. Il chirurgo, seduto alla console, guida i bracci robotici tramite manipoli che riescono ad azzerare il tremore fisiologico della mano assicurando al gesto operatorio una precisione e una fermezza estreme. Anche la visione del piano operatorio è decisamente magnificata (con una risoluzione dei dettagli aumentata di 10 volte) e resa tridimensionale. A tutto questo si affianca una libertà di movimento su ben sette assi e con una rotazione di 540 gradi, nettamente maggiore rispetto a quella della mano di un essere umano. Una tecnologia che amplifica e rende ancora più eccellenti le capacità del chirurgo.
“Credo nell’innovazione tecnologica a garanzia di cure sempre migliori – afferma Paolo Favini, direttore generale dell’Ospedale Manzoni – e oggi l’acquisizione del sistema da Vinci di ultima generazione sottolinea la scelta e la forte volontà di proseguire con gli investimenti tecnologici per i nostri pazienti, per il territorio, per tutta la popolazione che merita una cura sempre più all’avanguardia. Poter disporre dell’ultimo modello del robot da Vinci è per la nostra struttura un valore aggiunto imprescindibile che ci permette oggi di rispondere alle esigenze di un territorio ampio e di configurarci come centro di riferimento per tutte quelle strutture che non sono dotate di questo sistema, riferimento per i loro specialisti e per i loro pazienti”.
Le tecnologie più innovative – prosegue Favini – rappresentano importanti investimenti che richiedono anche competenze organizzative in grado di renderli sostenibili, per esempio, attraverso una programmazione pianificata allargata ed intensiva, che ne ottimizzi al massimo l’impiego”.
Il percorso decennale di chirurgia robotica del centro ospedaliero lecchese lo posiziona oggi tra le prime tre strutture italiane per volume di procedure robotiche ginecologiche, a fianco di grandi centri ospedalieri come il Policlinico Gemelli di Roma e l’Ospedale Cisanello di Pisa.
“Durante questi dieci anni – afferma Antonio Pellegrino, primario della Divisione di Ginecologia e Ostetricia – abbiamo fatto un percorso straordinario, raggiunto risultati ottimi e offerto un’opzione di cura mininvasiva eccellente a tante nostre pazienti. Oggi la chirurgia robotica rappresenta sempre di più il salto di qualità per una struttura sanitaria. La mia esperienza in questo ambito mi porta a dire che gli ospedali che vogliono attivarsi in questo senso devono pianificare adeguatamente il tutto: dalla formazione del personale fino all’utilizzo multidisciplinare dello strumento”.
E proprio nell’ottica di un utilizzo multidisciplinare è andata la scelta dell’Ospedale di Lecco, così come chiarito dal primario di chirurgia generale, Mauro Zago e dal primario di urologia Salvatore Scuzzarella che hanno illustrato il percorso chirurgico multidisciplinare e le prospettive di impiego del nuovo sistema da Vinci nelle loro rispettive specialità, la chirurgia generale e l’urologia, ambito quest’ultimo che evidenzia ottimi vantaggi intra e post-operatori, rispondendo in modo straordinario alle necessità di intervento e cura di patologie maschili sempre più diffuse.
A settembre 2020, sono più di 5600 le piattaforme da Vinci distribuite nel mondo. Dopo gli Stati Uniti, in cui sono presenti oltre 3.500 sistemi robotici, l’Europa conta più di 990 installazioni. Ad oggi In Italia sono 130 i sistemi da Vinci sul territorio.
Nel “Bel paese” nel 2019 si sono effettuati più di 23.810 interventi con il robot da Vinci, con un incremento di oltre il 16,5% rispetto al 2018. Per quanto riguarda il nosocomio lecchese, nella ginecologia l’utilizzo dell’apparecchio è notevolmente incrementato in 10 anni, passando dai 21 casi (2010) ai 156 casi nel 2019. In urologia sono stati i 137 casi dell’anno passato, mentre la chirurgia generale ha contato 65 casi nello stesso periodo.
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