RELIGIONI: LA MEDITAZIONE
DI DON GIOVANNI MILANI.
PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA

È nientemeno che lo Spirito che mena Gesù nel deserto “per essere tentato dal diavolo”. All’inizio del suo ministero Gesù è messo (si mette) alla prova per le scelte vere della sua “vita pubblica”, come s’è soliti dire, dell’orientamento della sua missione, del suo essere Messia. Il deserto evoca molto dell’antico, ma anche di questo nostro tempo di riflessione quaresimale: tempo che invita, che accompagna anche noi nel deserto – stare con sé stessi, silenzio, ripensamento – a rivisitare il senso del nostro agire cristiano.

Le tentazioni, attraversano (la parola nell’originale vi allude) la persona, quella di Gesù come la nostra. Il diavolo, il divisore, propone modi spettacolari d’essere il Consacrato di Dio, il Messia che risolva con la propria potenza divina ogni questione. Propone un messianismo trionfale che usa lo straordinario miracoloso per imporsi, non la profonda – sino alla morte – immersione nell’umano per il suo riscatto.

Possiamo trovare nelle tentazioni del deserto di Gesù le nostre tentazioni quotidiane, non meno che quelle antiche del popolo che da schiavo d’Egitto doveva ricuperare, nel dono, la dignità umana della libertà di popolo del Signore.

Non si propone di rinunciare alla missione messianica, invece di percorrerla nel modo della potenza mondana (era proprio l’aspettativa della gente). La tentazione preme sull’umanità di Gesù invitata ad usare il potere dei miracoli, piuttosto che l’assumere la debolezza del peccato dell’uomo da vincere con il riscatto della croce.

Il Signore Gesù rifiutando di superare il proprio bisogno fisico con il miracolo che pure è in suo potere, rifiuta il messianismo economico che risolva il problema del pane (quando donerà pane agli affamati della zona desertica lo farà come dono e come segno).

Così la spettacolarità di mostrarsi signore degli angeli che lo preservino dalla rovina dal punto più alto del tempio, sarebbe ancora esibire poteri che sorpassano la natura per attrarre consensi. Addirittura accettare un potere universale di tipo politico, è l’altra tentazione che allontana dal Padre e dalla missione di salvezza attraverso l’umano dolore che invita al consenso nell’amore.

Il modo messianico proposto è tutto iscritto in potere mondano e di trionfo materiale. La missione di Gesù, assunta simbolicamente nel battesimo al Giordano, non è quella trionfale che esibisce potere forte ed esibito, non è finalizzata alla meraviglia che costringa al consenso senza che impegni ad un cambiamento profondo e interiore. Il messianismo del Signore Gesù non mira all’effetto, è tutto obbedienza al Padre e iscritto in quello stile.

Tutti noi subiremmo il fascino di vedere soddisfatti i nostri bisogni nella certezza garantita dal potere, essere padroni, egoisticamente padroni: nel possesso di noi stessi, dell’altrui volontà, delle cose. Non è il modo del Signore Gesù che è salvatore non con atti di potenza, ma con la forza sommessa dell’amore; con l’assumere la condizione umana – di peccato – senza avere peccato e l’abitarla con lo spirito umile e filiale.

Gesù vince la tentazione fedele al Padre, all’amore di Dio per l’uomo e per lui si sacrifica.

Anche a noi si affaccia la tentazione dell’abbreviazione del possesso e del potere come via al bene. Gesù ci indica ben altri modi: quello dell’amore scontato come personale fatica, nella logica del dono di sé, non della cupidigia del possesso; quello dell’impegno personale nell’amore che tenta restituire ciò che ha ricevuto da Dio nel prossimo; quello della pazienza di lasciar maturare – soprassedendo all’immediato – quello stesso dono, secondo tempi non nostri, ma attraversati nella veglia attenta e lieve della speranza che lo profila agli occhi della fede.

Is 57,15-58,4a Non digiunate tra litigi e alterchi. 2Cr 4,16b-5,9 Se il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno. Mt 4,1-11 I quaranta giorni di digiuno osservati da Gesù.


Don Giovanni Milani