“MIR SADA” FESTEGGIA 25 ANNI:
UN LIBRO, TRE SERATE
E I PROFUGHI NEI BALCANI

LECCO – Era il 1994 quando un gruppo di volontari lecchesi decise di reagire alle notizie di guerra, disperazione e miseria che giungevano quotidianamente dall’altra sponda dell’Adriatico. Erano gli anni del conflitto nei Balcani, segnati da scontri etnici, violenze, bombardamenti e massacri. Mir Sada (“Pace subito” in serbo-croato) Progetto per la pace nacque così, con l’intento di portare aiuti umanitari e gettare un ponte di solidarietà, amicizia e accoglienza tra i popoli, abbattendo i muri del nazionalismo e dell’odio.

Venticinque anni dopo l’associazione è ancora presente sul territorio lecchese ma soprattutto nei luoghi che ancora si portano dietro gli strascichi di quegli anni terribili, tra campi minati e scontri fratricidi. L’anniversario diventa quindi un’occasione per organizzare una tre giorni di festa e riflessioni, per fare il punto sui progetti attivi e su possibili scenari futuri.

Al circolo Arci Spazio Condiviso di Calolziocorte venerdì 12 luglio alle 21 verrà presentato il libro “120.000 chilometri di solidarietà” di Vanda Bono, docente di storia e filosofia al liceo scientifico G.B. Grassi e membro attivo di Mir Sada. Si tratta di una cronistoria di tutte le attività e i progetti che l’associazione ha portato avanti anno dopo anno seguendo gli sviluppi geopolitici della regione, tra Slovenia, Bosnia, Serbia, Albania e Kosovo. “Perché quando arrivi a vivere certe esperienze e a fare qualcosa per gli altri, ti viene anche voglia di raccontarlo”. Il volume si avvale di una prefazione scritta dal segretario generale della Cgil Maurizio Landini.

Sabato 13 sarà la volta di una tavola rotonda con testimonianze sul tema della solidarietà internazionale e ospiti bosniaci e serbi, molti dei quali sono protagonisti delle storie narrate nel libro, seguita da una cena italo-balcanica e una serata di festa. Domenica 14 verrà infine presentato il documentario “La via dei Balcani sull’emigrazione” con la partecipazione del giornalista Duccio Facchini, per approfondire la nuova emergenza che la regione sta attraversando negli ultimi anni in relazione ai flussi di migranti lungo la cosiddetta via dei Balcani, che vede moltissime persone intrappolate al confine tra Bosnia e Croazia, a un passo dall’Europa. E proprio su questo tema è prevista una spedizione di alcuni soci dell’associazione che sabato 6 luglio proveranno a raggiungere in macchina uno di questi campi profughi di confine, nei pressi della cittadina bosniaca di Velika Kladuša, per valutare l’avvio di un nuovo progetto in quelle zone.

Il ricavato della festa sarà interamente devoluto per realizzare progetti e iniziative dell’associazione, come ci tiene a sottolineare il presidente Mauro Castelli. “Tutti i soldi che raccogliamo servono a finanziare i nostri progetti di aiuto umanitario, dall’invio di pacchi di beni di prima necessità alla campagna ‘Adotta un bambino’ che in venticinque anni ha portato a un totale di 200 adozioni, di cui circa sessanta ancora attive. Un nostro fiore all’occhiello sono i bilanci pubblici, l’assoluta trasparenza e la stretta collaborazione con il tessuto sociale e le aziende del territorio che hanno contribuito alla realizzazione dei nostri progetti. Abbiamo un nostro fondo all’interno del Fondo Comunitario Lecchese dove le aziende possono versare un contributo usufruendo di una detrazione del 10%”.

L’attività di Mir Sada nasce dalla scelta di studenti, professionisti e sognatori che, allora come oggi, hanno cercato di rispondere alle bombe, alla miseria e alla povertà della guerra, dove anche le necessità più semplici come assumere un farmaco o sottoporsi a visite mediche diventano un’utopia, tendendo una mano al di là dei confini e del filo spinato e formando una grande famiglia. Venticinque anni di viaggi, in media due all’anno per portare beni materiali, speranza e conforto e rinsaldare rapporti di amicizia e solidarietà, che hanno permesso di raccogliere storie di umanità e resistenza raccolte nel libro di Vanda Bono. Come la storia di Dušan Pavlovic, il ragazzo serbo che grazie al supporto economico e logistico dell’associazione ha potuto venire in Italia per sottoporsi a un doppio trapianto di fegato e reni nel 2001, assumere farmaci e sostenere le visite e i controlli annuali che la famiglia non è in grado di affrontare. O come la storia di Kragujevac, città serba simbolo dell’occupazione nazista durante la guerra, e della successiva rinascita economica della Yugoslavia grazie agli stabilimenti automobilistici Zastava, che i bombardamenti durante il conflitto in Kosovo hanno distrutto lasciando più di 30.000 persone senza lavoro.

Fabio Ripamonti