MEDITAZIONE DON G. MILANI
NELLA PENULTIMA DOMENICA
DOPO L’EPIFANIA

L’episodio ci è offerto in un brano che ha avuto complessa storia redazionale perché presenta stile narrativo insolito in Giovanni, pure questo non toglie, forse anche aumenta, il suo valore di insegnamento sulla misericordia del Signore. Gesù, dopo la notte trascorsa sul monte degli ulivi, si reca nel tempio “e tutto il popolo andava da lui” così, ponendosi a sedere insegnava, ma ne era evidentemente interrotto da scribi e farisei che “posero in mezzo” “una donna sorpresa in adulterio”. “Per metterlo alla prova e per motivo di accusarlo” “gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra”.

Credo metta conto fermarci per ricostruire nella nostra fantasia la scena: la felpata malvagità degli avversari ipocritamente trattiene il livore prendendo a pretesto una poveraccia: la pongono al ludibrio pubblico, lì in mezzo, come in tribunale, ma Gesù non si scompone, rimane seduto (come un giudice, sì, ma a differenza di quello, non si stira la barba con solennità, in silenzio “si mise a scrivere col dito per terra”. All’insistenza degli avversari, solo per un momento interrompendo il suo scrivere, non dà sentenza, ed anzi, col suo modo di dar corso alla legge, pare quasi ribaltare le certe colpevolezze: “Chi di voi è senza peccato getti per primo la pietra”. “Lo lasciarono solo”. È allora che Gesù “si alza” (si toglie) dalla posizione di insegnamento e giudizio per rivolgersi alla donna con l’appellativo nobile che già aveva usato per la Mamma a Cana, per la samaritana a Sichem e ancora userà risorto per la Maddalena: “Dove sono? Nessuno ti ha condannata? Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”. Prima delle parole, a leggerli bene, sono significativi i gesti: lo stare seduto che è bello leggere come la posizione del giudice, sì, ma di quel giudice che si rivela il solo capace di giustizia (riconosce il peccato) e di misericordia, scrive “col dito”, così il Signore aveva tracciato legge indelebile sulle tavole di pietra, ma “per terra” col significativo indicare la fragile consistenza umana impastata di quella.

San Gerolamo ipotizzava scrivesse i peccati degli accusatori, altri le più varie sentenze bibliche, certo Gesù, in quella insistita pazienza insegna ancora a noi. Ha fin scandalizzato il brano che dichiara perdono senza alcuna apparente resipiscenza della donna, eppure ci fa molto riflettere sul nostro così facile inclinare al giudizio altrui non alla nostra propria condizione; là sono gli anziani (è significativo?) ad averne, primi, lezione, poi tutti. La nostra condizione “di terra” non deve allontanarci dal Signore: qui ne vediamo lo stile, anzi la pienezza: il suo sguardo è sempre di vita, non è detto quella donna sia salvata retributivamente, per il suo pentimento. Siamo al grande insegnamento che il Signore prevenga sempre nel suo abbraccio d’amore: Dio è amore anche nel giudizio. 

 

Don Giovanni Milani