DON GIOVANNI MILANI:
MEDITAZIONE NELL’8ª DI PASQUA,
LA DOMENICA “IN ALBIS”

“La sera di quel giorno, il primo della settimana (anche primo dell’era nuova che procede dalla resurrezione) venne Gesù”. Tanto spesso Gesù era stato con loro, ma questa volta ha presenza nuova che infrange ogni paura serrata a difesa: “stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi» … e mostrò loro le mani e il fianco”. Il Signore, che sempre è e sarà il Crocefisso, si pone autorevolmente in mezzo per annunciare e donare la pace, una pace nuova frutto proprio di quelle ferite che ora sono quasi ostentate in gloria. In quel suo porsi autorevole e glorioso Gesù “soffiò su di loro” a donare e affidare lo Spirito santo perché divenisse fonte di perdono. Il Signore è in mezzo a quanto rimane della sua comunità: per la sua presenza, dalla paura sta provando gioia, la gioia della fede. Son dieci (è assente Tommaso) e di loro un solo aveva ardito rimanere sino alla croce, se già “il figlio della perdizione” l’aveva tradito, agli altri era mancato il coraggio stargli appresso solidali, eran rimasti lontano, impauriti, pure è a loro, proprio a loro, che Gesù affida mandato di perdono: alla loro fragilità si è aggiunto lo Spirito che ora fa nuova ogni cosa.

Mancava Tommaso, lui non voleva credere, non convinto da quanto gli era pure attestato, credeva aver bisogno di constatare toccando, mettendo il dito in quelle piaghe. Di lì ad otto giorni il Signore ritorna, per lui, per lor tutti, certamente anche per noi. Ancora le porte eran chiuse, ancora il timore dei Giudei premeva sul loro cuore, ma Gesù ritorna s’indirizza a Tommaso: “Metti qua…”. È sempre, come già a Maddalena l’invito personale a riscuotere il pianto o il torpore troppo frutti d’umano. Tommaso allora sì, ben riconosce il suo amato Maestro e Signore: no, non allunga il dito, non accoglie esortazione a mettere la mano: “Mio Signore, mio Dio”. M’appassiona risentirmi in cuore quasi il suono di quelle due parole d’ammirata e affidata contemplazione che sfidano il chiamar per nome l’Innominabile (אֲ דֹנָי , אֱ לוֹהִ ים Adonai, Elohim): Tommaso, là, ha fatto esperienza personale d’incontro, non col terreno, ma con l’eterno che aveva amato uomo e ritrova in pienezza divina.

E Gesù continua parola che non è condanna dell’appassionata sospensione che a noi è apparsa dubbiosa ed era attesa, ripeto appassionata, più che delusa, in pretesa attesa d’incontro. L’incontro col Signore risorto è davvero solo possibile nella fede, quella di Tommaso e ancora la nostra che Gesù stesso chiama beata, beata perché riscatta l’umana incertezza così facile ad albergarci in cuore, beata perché incontra il Signore a dar senso ad ogni nostra speranza. 

 

Don Giovanni Milani