L’OPINIONE: “IL PACIFISMO
NON È ESSERE NEUTRALI”

Come cittadino che cerca di essere consapevole mi sono imposto per diversi giorni e per vari motivi di non commentare pubblicamente la gravissima situazione ucraina. In primis perché la condanna di una guerra di palese aggressione rappresenta un’ovvietà per “benpensanti”, e addirittura una ipocrisia se poi non è seguita, almeno per chi può realmente incidere, da atti coerenti di contrasto come anche contributi reali alla ricomposizione del conflitto. Ma anche perché, se si vuole veramente formarsi un’opinione non superficiale, occorre del tempo per poter sufficientemente approfondire le complesse cause che possano averlo generato e che, ciononostante, non possono mai costituire una giustificazione per chiunque, almeno nel terzo millennio, voglia non rispettare il diritto internazionale ma soprattutto il diritto primario all’esistenza. Inoltre è facile discettare al “calduccio” elargendo pareri vari e non sempre immedesimandosi nel comprensibile stato d’animo e relative reazioni di chi si vede aggredito.
Quindi mi sono limitato, come molti, a cercare di dare una mano, perlomeno in termini economici, alle popolazioni coinvolte.

Ma l’altro giorno mi sono imbattuto nell’ennesima trasmissione televisiva, tra le varie positive pur con qualche eccezione, che evidenziava tra i titoli esemplificativi questo esplicito interrogativo: “Il dilemma dei pacifisti: neutrali o con l’Ucraina?

È proprio questa banalizzazione (da alcuni voluta?) che mi rende impossibile non intervenire per dire la mia cercando, nel mio piccolo, di non consentire di dipingere come utopistica la posizione di chi, come me, si ostina a ritenere controproducente ai fini umanitari fornire armi agli Ucraini.

Al di là del saper riconoscere nella genesi del conflitto le responsabilità di entrambi i fronti, o dei più o meno presunti “blocchi” occidente/oriente, quello che occorre nitidamente delineare, sempre a mio parere, sono due questioni parallele ma comunque convergenti: l’assoluta condanna dell’aggressore (distinguendo comunque tra Putin, con annessa “dirigenza” russa, e il suo Popolo, peraltro almeno in parte dissenziente) e il più che sacrosanto aiuto alla difesa dell’aggredito (il Popolo Ucraino, con qualche soppesato distinguo per la leadership attuale).

Quello che semmai diventa ulteriormente dirimente è come si può e si deve realmente aiutare il Popolo Ucraino e nel contempo anche la dissidenza interna russa. Aiutare con le armi o intensificare le varie azioni dissuasive e inasprendo al massimo le mirate sanzioni sulla leadership russa, con qualche concreta possibilità di costringerla a trattare?
Quindi tutt’altro che una posizione da neutrali!

Certo, può sembrare perlomeno discutibile far prevalere il proprio punto di vista in materia di reale sostegno rispetto a quello di chi ti chiede aiuto, ma occorre qui tener presente interessi umanitari in qualche modo superiori rispetto al rischio di scatenamento di quella che potrebbe essere la 3ª Guerra Mondiale, peraltro anche con armi nucleari.
E qui, a mio parere, sta il nocciolo della questione centrale per l’Umanità e non solo per quella contingente ucraina: all’alba del terzo millennio si affida ancora alla Guerra la risoluzione delle controversie internazionali? Ma quand’è che vorremo seriamente prendere in considerazione non solo la nostra Costituzione ma anche i fondamentali di una Convivenza Planetaria degna di tale nome? E quante altre sottaciute situazioni simili dovrebbero interrogarci, senza dover distogliere i nostri occhi da questa a noi più vicina?

L’impressione (il mio è un giudizio ovviamente opinabile, come per definizione ogni altro giudizio) è che sia in definitiva più facile “sacrificare” un Popolo aggredito contribuendo ad armarlo pur in evidente stato d’inferiorità difensiva piuttosto che per il consesso internazionale (e ad esempio l’ONU dov’è?) utilizzare strumenti alternativi realmente coercitivi soprattutto economici.

Strumenti che, se usati sino in fondo e in alternativa alle armi, di fatto azzererebbero o quantomeno ridurrebbero di molto il vero e unico misuratore pienamente umanitario e cioè il numero di morti. Certo il prezzo da pagare in termini economici sarebbe ben tangibile anche sui Popoli “sostenitori”. Che sia questo il calcolo al “risparmio” di alcuni Governi o di alcuni Poteri legati in special modo al business delle armi ? Ed è questo l’interrogativo che ci si dovrebbe porre?

Tutto ciò mi sembra rimandi poi alle contraddizione di un sistema che privilegia sempre i tornaconti economici rispetto a quelli realmente umanitari. Basti vedere come sullo spettro della Guerra, come per altri tragici eventi, si proietti sistematicamente la speculazione finanziaria a partire da quella sulle materie prime ed energetiche. Un sistema iniquo che trae profitto da quello che un vero sistema a servizio dell’Uomo, dovrebbe finalmente bandire. Un sistema che spesso, per convenienze del momento, alterna contraddittoriamente grandi aprioristici elogi “globalisti” a false retoriche “nazionaliste” anche opponendo presunti “mondi liberi” a mondi che non lo sarebbero.

Mi limito qui ad aggiungere questo link relativo ad una pertinentissima “Ninna Nanna” trilussiana i cui “insegnamenti” vorrei che fossero, come non mai, tenuti presente:

Germano Bosisio